Regia di Metodi Andonov vedi scheda film
Una pietra miliare della cinematografia bulgara, girata a basso budget ma con presenza d'attori eccezionali. La limitazione dei dialoghi - assieme alle ambientazioni d'epoca - ne fanno un dramma universale, la cui morale di fondo (il perdono e la gentilezza, contro l'odio e la violenza) lo rende titolo prezioso e sempre attuale.
Bulgaria, XVII° secolo, durante il dominio ottomano. Quattro teppisti turchi irrompono nella casa del pastore Karaivan (Anton Gorchev), mentre quest'ultimo è assente, violentando e uccidendo la moglie davanti agli occhi terrorizzati della piccola figlia, Maria. In seguito Karaivan, stravolto dal dolore, dà fuoco alla casa con dentro il corpo della moglie, e decide di isolarsi assieme alla bambina, trasferendosi a vivere in una capanna. Educa quindi Maria (Katya Paskaleva) come se fosse un ragazzo, addestrandola a combattere in modo che possa arrivare ad uccidere a sangue freddo, per aiutarlo a vendicare l'omicidio della madre. Passano nove anni prima che i due localizzino e uccidano tre dei quattro assassini. Su ogni corpo, lasciano un corno di capra come simbolo della loro vendetta. In missione per uccidere l'ultimo componente del gruppo, Maria assiste a una delicata scena d'amore, restandone fortemente impressionata. La sua natura femminile riprende il sopravvento e, di tanto in tanto, indossa segretamente un bellissimo vestito da donna. S'invaghisce poi di un giovane pastore e l'odio, lentamente, cede posto all'amore.
"Farò di te un uomo. Non c'è posto, per le donne, in questo mondo..."
(Karaivan, rivolto alla piccola figlia)
Il corno di capra: Anton Gorchev e Katya Paskaleva
Probabilmente il più celebre film bulgaro, di enorme successo in patria e stimato, via via che è stato distribuito nel mondo (l'ultima partecipazione è del 2017, in Grecia, al "Thessaloniki International Film Festival"), da chiunque abbia avuto la fortuna di vederlo. Opera dell'ispirato Metodi Andonov (1932 - 1974), geniale regista precocemente scomparso dopo averci lasciato quattro gioielli: oltre a questo, Byalata resta (1968), Nyama nishto po-hubavo ot loshoto vreme (1971) e Golyamata skuka (1973). Kozijat rog (titolo originale traducibile come "Corno di capra") nasce in un contesto povero (è del 1972, nonostante sia stato girato in bianco e nero), privo di trucchi ed effetti speciali, ma ricco di contenuti e realizzato con l'incredibile supporto di due attori davvero eccezionali: Anton Gorchev (1939 - 2000) e Katya Paskaleva (1945 - 2002). Ma, soprattutto, è un'opera ammirevole per la ricostruzione di un periodo storico che sembra, magicamente, rivivere sotto i nostri occhi.
Il corno di capra: Katya Paskaleva
Per rendere universale un racconto che in sostanza non ha confini geografici (educazione familiare, violenza alla donne, odio e vendetta, amore e perdono) Andonov riduce ai minimi termini i dialoghi, tanto che il film può essere seguito interamente in lingua originale, essendo comprensibile in ogni suo passaggio. Invece di riempire le immagini con inutili parole, i pensieri e i sentimenti dei protagonisti vengono esposti tramite posture, atteggiamenti, espressioni del volto, rumori ambientali. La natura, con i suoi monti, la vegetazione, i torrenti, gli animali, è parte integrante di questo dramma senza tempo, una tragedia greca vissuta nel XVII° secolo, ma che avrebbe potuto essersi svolta, in identica maniera, ancor oggi. Sceneggiato da Nikolai Haitov, Kozijat rog trasmette un messaggio semplice e diretto, tradotto in un linguaggio cinematografico privo di inutili virtuosismi o retorici e pomposi risvolti d'autore: l'essenza degli animi più sensibili non potrà mai essere modificata da un'educazione irrazionale e innaturale. L'indole gentile e delicata di Maria appartiene all'universo femminile, può concepire il perdono, sopperire alla tragedia con il necessario ottimismo che riesce a provare solo chi s'innamora. Maria, in fondo all'anima, non potrà mai essere un guerriero o un assassino, restando più coraggiosamente una donna, la cui maggior forza consiste nel sapersi arrendere di fronte a un bacio o una carezza. L'ambientazione d'epoca, assieme all'incipit con i turchi aggressori, richiama alla memoria La fontana della vergine (Ingmar Bergman, 1960), mentre i successivi L'ultima casa a sinistra (Wes Craven, 1972) e Non violentate Jennifer (Meir Zarchi, 1978), nonostante trattino un soggetto simile, sono distanti anni luce dal senso intimista ed esistenziale di questo emozionante, persino strappalacrime nel finale, capolavoro cinematografico.
Il corno di capra: Anton Gorchev e Katya Paskaleva
"A delle menti sciocche sembrerà singolare, e persino impertinente, che una descrizione di voluttà artificiali sia dedicata a una donna, la fonte più comune delle voluttà più naturali. Tuttavia è evidente che, come il mondo naturale penetra in quello spirituale, gli serve da nutrimento e concorre così a creare quell'indefinibile amalgama che chiamiamo la nostra individualità, la donna sia l'essere che proietta l'ombra più grande o la luce più grande nei nostri sogni. La donna è fatalmente suggestiva; lei vive di un'altra vita, oltre alla propria; vive spiritualmente nelle fantasie che lei stessa ossessiona e feconda."
(Charles Baudelaire)
Il corno di capra (Metodi Andonov, 1972) - V.O. con sottotitoli
F.P. 08/05/2022 - Versione visionata in lingua bulgara (durata: 95'33")
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