Regia di Djordje Kadijevic vedi scheda film
Film televisivo di produzione (ex) jugoslava, in grado di coinvolgere senza soluzione di continuità per l'ambientazione insolita, popolata da personaggi sensuali ma inquietanti. Girato in uno splendido bianco e nero.
Durante un viaggio in carrozza, Ivan (Goran Sultanovic) decide di fermarsi a sostare brevemente in un remota locanda. Quando decide di ripartire il cocchiere si rifiuta d'accompagnarlo, così è costretto a proseguire il viaggio camminando. Incontra un ragazzino, il quale inizia a raccontargli la storia di un castello che si intravede nelle vicinanze, ma mentre sconsiglia a Ivan di proseguire oltre, non riesce a concluderla, venendo travolto da una carrozza di paesaggio. Sibylle (Olivera Katarina), la graziosa viaggiatrice, aiuta Ivan a trasportare il bambino, apparentemente deceduto, nel castello, che si scopre essere la sua dimora. Dopo la morte del marito, Sybille vive isolata, assieme al cocchiere Bartolomeo (Ivan Jagodic). Appena raggiunto il maniero, Ivan avverte una strana musica da pianoforte, proveniente da un luogo sconosciuto. Presto Ivan e Sibylle si innamorano, ma le misteriose note musicali iniziano ad ossessionare Ivan.
Devicanska svirka: Olivera Katarina
C'è un mondo sommerso, che palpita nella sterminata produzione audiovisiva del passato, meritevole d'essere riscoperto. Per quanto piuttosto geograficamente vicina a noi, le opere della ex Jugoslavia (ora suddivisa in sei stati: Slovenia, Croazia, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro) hanno raramente valicato i confini, restando in linea generale un misconosciuto universo cinematografico. Uno dei talenti del mezzo appartenente a questa area geografica, anche e soprattutto coinvolto in produzioni televisive, è Djordje Kadijevic, nato nel 1933 a Sibenik, in Croazia (Jugoslavia) e tuttora vivente. Cineasta a tempo perso, si è guadagnato da vivere ricoprendo il ruolo più convenzionale di professore di Storia dell'Arte, non a caso presso la scuola di cinema "Dunav Film". La sua opera d'esordio, un acclamato film di guerra intitolato The feast (1967), ha rappresentato anche un'eccezione, essendo uno dei pochi lungometraggi da lui diretti. Seguito solo da The treak (1968), Zarki (1970) e Pukovnikovica (1972). Per il resto, la produzione audiovisiva di Kadijevic si è concentrata in mediometraggi (circa 20) destinati al piccolo schermo. Tra questi, rientra anche il gioiello gotico intitolato Devicanska svirka (1973), ispirato dal romanzo "Alpurarijska svirka" di Ivan Raos, per l'occasione rielaborato in sceneggiatura dallo stesso Kadijevic.
Devicanska svirka: Olivera Katarina
Girato in un suggestivo bianco e nero, ottimamente fotografato da Branko Ivatovic, Il canto delle vergini ripropone in chiave fantastica e simbolica l'eterno mito delle sirene incantatrici, incrociate, mitologicamente, da Ulisse. L'originalità di quest'opera sta però nell'ambientazione terrestre, così lontana ai nostri occhi per conformazione "naturale" (non urbana) delle suggestive location utilizzate. Le scenografie esterne del film, offrono infatti lunghe e sterminate mulattiere che attraversano distese infinite di aridi campi, animati unicamente dallo sventolare di piante avvizzite, mosse dal vento. L'ambientazione, in realtà, non è così distante da quella del nuovo millennio sia in termini geografici, sia in qualità di dimensione temporale, essendo la storia ambientata verosimilmente a metà del XIX secolo. Eppure i volti inquieti e sensuali dei due protagonisti, sembrano arrivare a noi da un mondo lontano, differente e quasi irreale. E sta proprio in questa insolita sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di "diverso" - siano paesaggi alienanti tipo i campi privi di vita o il castello medievale, siano invece persone che sembrano arrivare da un tempo lontano - a rendere unico Devicanska svirka. In tale singolare contesto si riconoscono però concetti noti in quanto universali, quali la bellezza, l'amore, il fascino dell'avventura e il timore innato di fronte alle cose sconosciute.
Devicanska svirka: scena
Mentre il mistero si fa lentamente strada, popolato da suoni (il gocciolare dell'acqua, gli spifferi del vento, le note lontane di una musica da pianoforte) e intensificato da sensazioni ambigue (attrazione e paura di fronte al diverso, a ciò che non si conosce), la sensualità prorompente di Olivera Katarina (già presenza scenica, indimenticabile, nello stregonesco La tortura delle vergini) esplode sullo schermo, vanamente contenuta da abiti a corpo intero, sconfitti nel loro intento pudico da un seno esplosivo, che sembra voler emergere oltre i confini della scollatura. Assieme alla perfezione di un fisico irresistibile, Katarina manifesta atteggiamenti erotici spontanei, sublimati da una seducente serie di tratti somatici: labbra carnose, lunghi, incantevoli e arricciati capelli corvini, occhi che sembrano parlare, in un linguaggio che non necessita di parole, direttamente al cuore. Chi è questa enigmatica Sybille che offre, con tanta spontanea naturalezza, al primo viandante, tale raggiante bellezza? È forse una creatura perversa, una cacciatrice che colpisce le sue vittime, come sembra alludere la scena in cui offre una mela a Ivan, utilizzando l'arma della tentazione? O, più semplicemente, è soltanto una creatura triste e insoddisfatta, forse solo un innocuo fantasma irrequieto, costretto a rivivere per punizione un costante rituale di espiazione? I segreti che nasconde Sybille nei piani alti del castello restano tali, solo vagamente sfiorati dalla curiosità di un giovane passante che, resosi parzialmente conto di una verità aberrante, si ritrova nell'arco di pochi secondi i capelli color cenere. Il punto di forza di questo suggestivo gioiello dell'orrore sta nella tecnica del regista e nella strepitosa interpretazione dei due protagonisti, nonché nell'ambiguità di un racconto che sembra percorrere, per maggior parte del tempo, sentieri tracciati dalle azioni di Cupido, personaggio celato ai nostri occhi ma forse all'opera con il suo arco per consolidare una nuova, esaltante, storia d'amore. Destinata, però, a concludersi non con un bacio, ma con una raggelante carezza.
Devicanska svirka: Goran Sultanovic e Olivera Katarina
"Il piacere che si prova attraverso le orecchie si chiama «incantesimo», quello che si prova con gli occhi «fascino»."
(Porfirio)
Devicanska svirka (Djordje Kadijevic, 1973) - V.O.
F.P. 26/04/2022 - Versione visionata in lingua serbo-croato (durata: 59'27")
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