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All'Ovest niente di nuovo

Regia di Lewis Milestone vedi scheda film

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La recensione su All'Ovest niente di nuovo

di steno79
9 stelle

Tratto dal celebre romanzo di Erich Maria Remarque, "All'ovest niente di nuovo" è un classico del pacifismo e dell'antimilitarismo al cinema, che anticipa di parecchi anni il Kubrick di "Orizzonti di gloria", ed è senza alcun dubbio il più acclamato film di un regista discontinuo come Lewis Milestone. Fu subito acclamato dalla critica, ebbe un grande successo di pubblico in America e vinse l'Oscar per il miglior film e la migliore regia: tutti attestati di qualità per un'opera che vuole sensibilizzare e scuotere lo spettatore sull'orrore del conflitto bellico in un periodo di incertezza politica che avrebbe condotto nel giro di pochi anni ad un nuovo e ancora più sanguinoso conflitto mondiale. La prima parte contiene sequenze di forte impatto visivo, soprattutto le scene degli scontri con i soldati francesi, dove il montaggio alternato è usato con estrema intelligenza insieme al ricorso a carrellate laterali che allora erano molto innovative e che ancora oggi contribuiscono ad una frenesia visiva che si dimostra valido espediente per descrivere l'insensatezza della guerra. Inoltre, la narrazione corale a focalizzazione multipla mi sembra molto interessante, anche se da subito emerge come protagonista il personaggio di Paul Baumer interpretato da un giovanissimo Lew Ayres, attore che anni dopo durante la Seconda Guerra Mondiale si sarebbe professato obiettore di coscienza, uno dei pochissimi ad aver effettuato una scelta del genere. A onore del vero, devo dire che nella seconda parte ho trovato diversi difetti: le scene più intime come il ritorno a casa e l'incontro con la madre sono risolte con un eccesso di patetismo e una musica melodrammatica un po' troppo insistente, in altri momenti in cui si affronta la paura della morte e la tensione emotiva dei soldati si rischia un'enfasi eccessiva, soprattutto quando Ayres scoppia in una crisi per il terrore di venire condotto in una parte dell'ospedale riservata ai malati terminali. Insomma, nel film si alternano pagine memorabili e assai vibranti ad altre effettivamente più retoriche, nonostante la collaborazione allo script di grandi scrittori come Maxwell Anderson. La recitazione è generalmente efficace ma non è esente da questa impostazione un po' sopra le righe di alcune scene, soprattutto nel protagonista Lew Ayres che era davvero agli esordi e in certi momenti viene spinto da Milestone a quello che adesso verrebbe definito come "overacting". Sarei curioso di ascoltarlo in originale, perché il doppiaggio italiano in questo caso non aiuta e risulta alquanto datato e superato. Dovendo stringere la valutazione in un voto, opterei per un 8,5, che approssimo comunque a 9 tenendo conto dei notevoli meriti dal punto di vista morale e dell'impegno civile, che hanno contribuito a renderlo un film comunque indimenticabile per diverse generazioni di spettatori.

Voto 9/10

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