Regia di Lewis Milestone vedi scheda film
Una splendida denuncia pacifista, l’ennesima che la prima guerra mondiale purtroppo ha offerto, tra quelle indimenticabili passate al cinema. Che qui si avvale di un soggetto straordinario, per la capacità di scrittura di Remarque. Ma, a ben vedere, purtroppo il soggetto è già scritto dai fatti accaduti, ai danni delle moltitudini, spesso in gran parte innocenti come qui.
Ben descritto è l’inganno sull’eroismo bellicista, di stampo hegeliano: andare in guerra è un dovere per una fantomatica patria. Ma a trarne vantaggio sono i “pescecani” della guerra: pochi imprenditori che della guerra fan di tutto per mostrarne l’urgenza e la necessità, quanto meno morale.
Ben dice un milite sempliciotto: «Far combattere i re e picchiarsi fra di loro. Così dovrebbe essere la guerra, quando comincia». Non fa un plissè: infatti la guerra la gestivano i re. In quel caso ben spinti dai capitalisti, soprattutto.
C’è tutto il realismo del terrore, tanto spaventoso quanto assurdo. Gli amputati. Chi muore di fianco, spesso l’amico o il semplice commilitone. Ma non solo: anche l’avversario; ma non fa una gran differenza. «L’ho visto morire… e mi ha preso una gran voglia di vivere». Splendida, nel suo ottimismo realistico e non sognante, questa confessione, così realista e drammatica.
«Morire è la cosa migliore. Almeno smettono di soffrire… Già 16 morti oggi». Morti per nessun motivo che li riguardasse davvero in modo importante: essenzialmente per gli interessi di pochissimi ricchissimi.
Montaggio, e foto, arditi per l’epoca, per un film commuovente per la serietà della sua documentazione sulla vita quotidiana di chi è costretto ad esser coinvolto, spesso involontariamente, da chi trae un vantaggio volontario dalla propensione alla guerra.
I sogni tarpati, e anzi offesi e spesso pure distrutti, di 18enni, illusi e ingannati: il pensiero alla fidanzata, alla famiglia, che molti di loro non hanno mai più visto…
Non retorica, e squisita, la scena finale: la morte avvenuta per il rischio corso nel voler prendere una farfalla.
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