Regia di Louis Garrel vedi scheda film
Abel (Louis Garrel) non sopporta proprio l'ennesimo fidanzato di quella sciroccata di sua madre. Sarà perché l'imminente matrimonio dell'attrice è il terzo in dieci anni, sarà perché i due si sono conosciuti dietro lo sbarre. Michel (Roschdy Zem) sta per uscire grazie alla buona condotta ma prima di ritornare a respirare l'aria di libertà impalma la donna che nel rigido penitenziario di Lione tiene un corso di teatro. Abel non si fida dell'uomo di sua madre. Che mai può venire di buono da un galeotto?
Una volta fuori lo pedina con la complicità dell'amica del cuore Clémence (Noémie Merlant) che, se sua madre è fuori come un balcone, beh che dire, lei è una vera e propria scheggia impazzita. Mentre Clémence si fa beffa dell'amico e del suo sospettoso comportamento, Abel, per quieto vivere se non proprio per fiducia in Michel, seppellisce l'ascia di guerra. La tranquillità del quartetto, tuttavia, dura ben poco. Michel sta combinando qualcosa sotto il naso della povera Sylvie (Anouk Grinberg). Abel ne è praticamente certo. Impicciandosi degli affari dell'incauta madre egli crede di poterla tenere fuori dai guai.
Pronto a tutto pur di salvare la donna dall'ennesima delusione amorosa Abel non esita a stipulare un'inattesa alleanza col "nemico".
Il tempo necessario ad estrarre una pistola dalla tasca della giacca di Michel e la vita ordinaria e rancorosa del giovane protagonista si tramuta in un giallo effervescente e inaspettatamente vitale.
Luis Garrel firma la regia e la sceneggiatura de "L'innocente" e, naturalmente, interpreta il trentaduenne vedevo che guarda ancora al passato e alla dolorosa dipartita della giovane moglie della quale egli stesso aveva, involontariamente, causato la morte.
Era da un pezzo che non mi divertivo così tanto di fronte ad una commedia. "L'innocente" è brioso, pazzerello ed ha, nei suoi personaggi, una marcia in più. Impossibile non amare Clémence, la sua attitudine a mettersi nei casini, la sua dirompente vitalità che nasconde un desidero lancinante di stabilità e quiete che i suoi amici "tinderini" non riescono a soddisfare. Abel, dal canto suo, chiuso in una gabbia di sofferenza, fa tenerezza perché non riesce a confessare i suo sentimenti per l'umana vergogna di ferire chi non c'è più. Michel appare più ondivago e di difficile lettura mentre Sylvie offre una sufficiente visione di se stessa schiacciando con forza sull'acceleratore della propria automobile. L'esistenza è breve. È bene viverla intensamente. L'unica vera lezione che alla fine inculca in un figlio "tartarugo" da tempo investito dello stancante ruolo di "padre di sua madre".
La parte del "patto" è tutto un susseguirsi di intoppi, inseguimenti e variabili impazzite che gettano pepe su una trama ben oleate nonostante qualche trascurabile forzatura.
Abel e Clémence esprimono i loro sentimenti, troppo a lungo reclusi, dietro il paravento della recitazione. La commedia al tavolo è complicata e spassosa così come le prove gestite da Michel e dal suo socio in affari in una fabbrica in disuso che ricorda vagamente un teatro moderno. Garrel riesce a commuovere dietro la porta del cesso, dimostrando ancora una volta che un separè può sciogliere la lingua dei sentimenti.
Parlare del finale liberatorio senza concedersi alla tentazione dello spoiler è un colpo da maestri. Allora basti sapere che la libertà può essere ovunque la si cerchi ma la si trova solo dentro se stessi. Abel esce dalla propria gabbia nel luogo meno votato all'uscita e da quel momento si libera della confortante ma claustrofobia protezione del suo rifugio/prigione.
Il bel francesino non spinge troppo per un finale completamente appagante e questo giova ampiamente alla sua commedia. Meglio così perché la vita è fatta di gioie e dolori e non sempre fila tutto per il verso giusto. Strampalato, divertente e rigenerante come il pesce nell'acquario di Lione capace di autoripararsi. Come Abel novello pesce in cattività, ma dall'animo libero ed innocente.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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