Regia di Emily Atef vedi scheda film
75° FESTIVAL DI CANNES 2022 - UN CERTAIN REGARD
Triste ultima occasione per vedere sullo schermo Gaspard Ulliel, star del cinema francese deceduta nel gennaio scorso in seguito ad un incidente sulle piste di sci. Proprio nella sala del Theatre de la Licorne dove ho visto questo film, Gaspard Ulliel si era presentato nel corso di un Festival di alcuni anni fa per incontrare il pubblico dopo la proiezione di Les confins du monde, dimostrando una certa generosità, essendo una sala di proiezioni nel quartiere periferico La Bocca aperta ai soli possessori dell'accredito Cannes Cinéphiles, senza stampa e media.
Per una strana o sinistra coincidenza il suo ultimo film è un'opera sulla morte, sulla capacità di trovare la forza di accettazione di staccarsi dalla vita e dire addio alle persone amate. Ma a vedere la morte il faccia nel film è la moglie del personaggio di Ulliel, che ha un ruolo di supporto alla protagonista femminile Vicky Krieps.
Hélène è una giovane donna affetta da fibrosi polmonare idiopatica, una malattia incurabile che la porterà a morire soffocata quando i suoi polmoni smetteranno di funzionare. Cercando in rete le testimonianze di chi condivide con lei l'esperienza lacerante della malattia senza speranza, incontra il blog di un norvegese che posta da una casa isolata tra i fiordi. Nonostante l'opinione contraria del marito che vorrebbe tentasse un ultimo disperato trapianto, Hélène decide di imbarcarsi nelle sue condizioni in un difficile viaggio per raggiungere la Norvegia e incontrare il blogger, che la sistema in una scomoda e umidissima dependance, dove il suo sonno è disturbato dalla luce notturna e non riesce a comunicare con il mondo esterno per via dell'assenza di segnale telefonico e Internet.
Il film della regista Emily Atef è stato ammesso alla sezione Un Certain Regard credo più per un dovuto omaggio alla memoria dell'attore prematuramente scomparso che non per i meriti artistici dell'opera, invero molto limitati. Plus Que Jamais è un dramma inutilmente pesante e lugubre, fallendo nell'evidente tentativo di non esserlo, che non riesce a commuovere né a fare riflettere sui temi che solleva, lasciandoli poi al livello di abbozzo per colpa di una sceneggiatura non rifinita che non mette bene a fuoco le sfumature del soggetto. Il rapporto della protagonista con il blogger che dovrebbe aiutarla a comprendere la propria condizione non viene in realtà ben delineato né approfondito e ad un certo punto, con l'arrivo del marito in Norvegia, il padrone di casa norvegese esce improvvisamente di scena per non riapparire più, senza una “chiusura” che conferisca senso alla presenza del personaggio nella storia. Anche la scomparsa per gran parte del film del protagonista maschile (Ulliel) è per me indice di mala gestione del materiale narrativo, si potevano trovare espedienti per non tagliarlo del tutto fuori per un così lungo minutaggio.
Anche il finale non è chiaro: certo, il marito accetta la decisione della moglie di non rientrare a casa dimostrando rispetto per la sua volontà, ma se lei resta in Norvegia verrà verosimilmente ospedalizzata e non certo lasciata morire soffocata in casa d'altri, quindi perché non rientrare in Francia a terminare la vita circondata dall'affetto dei propri cari? Tra l'altro il film non affronta minimamente il tema dell'eutanasia, una questione che avrebbe dovuto essere almeno sollevata data la natura atroce della morte per soffocamento che aspetta la donna.
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