Regia di Dominik Moll vedi scheda film
Accolto da grandi fanfare, La notte del 12 è un film che perde di vista il cinema per sprofondare nel didascalismo e nell’ideologismo. Rivela fin dall’inizio il non-esito della vicenda; si trascina tra molteplici scene e dialoghi spesso assomiglianti piuttosto a predicozzi quando non a inutili perdite di tempo; s’adagia infine, nell’ultima parte, su una supposta morale ch’è invece quanto di più ambiguo e discutibile si possa immaginare.
Perché, sì, è indubbiamente vero che la maggior parte dei crimini vengono commessi da uomini. Ma, pensa un po’, nella maggioranza dei casi sono rivolti contro… altri uomini. Spoiler agghiacciante, uh? Certo, nel caso dei cosiddetti femminicidi le motivazioni sovente sono diverse e investono concetti quali maschilismo, gelosia maniacale, possessività e via discorrendo. Fin qui si può concordare. Tuttavia, ecco che il film precipita subito nel solito estremismo ideologico per il quale sarebbero, in qualche modo non molto chiaro, corresponsabili di ciò “tutti gli uomini” (del globo terracqueo?). Esatto, proprio tutti. Anche chi col maschilismo non c’azzecca niente.
La società sarà stata, nel tempo, plasmata da e per gli uomini ma – a parte il fatto che nell’Europa di oggi siamo comunque messi meglio del passato e della stragrande parte del mondo (anche dal punto di vista del tasso di omicidi) – preme sottolineare come da ciò non derivi automaticamente che tutti gli stessi siano potenziali stupratori o assassini. Immaginatevi lo scandalo se un messaggio del genere fosse rivolto ad un’altra categoria, non so qualcosa del genere “tutti gli arabi sono misogini”. Scandalo, doppio scandalo, “scandalissimo”.
A questo punto si indebolisce anche un altro dei supposti “pensieri profondi” al cuore del film, riguardante il fatto che una grossa percentuale dei crimini sono, di nuovo, commessi da uomini epperò ad indagare sono sempre degli uomini. Paradosso, tremendo paradosso. Già, se non ci si ferma a riflettere sul fatto che, ribadiamolo, spesso le vittime sono a loro volta uomini.
Tra parentesi, che risultino essere appunto individui di sesso maschile (oddio!) anche i poliziotti non implica necessariamente che siano spesso e volentieri dei machi violenti e “rozzi” incapacitati a capire (in quanto parte di quei "tutti corresponsabili") e a risolvere il caso qualora si trovi coinvolta una vittima femminile, almeno che non si voglia sostenere che non sia l’intelligenza ma piuttosto il sesso di una persona a determinarne le capacità investigative e di comprensione umano-relazionale. E comunque nel 2023 nei corpi di polizia sono presenti molte donne di indubbio mestiere, andiamo indietro solo di una trentina-quarantina d’anni… sempre tutto uguale? No, e allora i passi avanti ci sono, giusto?
Tra l’altro, cosa significa dire che tutti gli ex della ragazza avrebbero potuto farlo, avrebbero un movente? Che movente? Di essere tutti uomini, ergo bastardi e perciò vanitosi, egoriferiti, maschilisti, gelosi, violenti, in grado di aver solo relazioni disfunzionali con le donne? Ma suvvia. Se fosse davvero così gli omicidi, gli stupri, gli sfregi di donne per “motivi” sessuali/relazionali sarebbero il quintuplo, il decuplo, il centuplo. La maggioranza delle donne che abbiano avuto nella vita più di un partner (il che vuol dire, oggigiorno, verosimilmente la maggioranza delle donne tout court) sarebbe uccisa, sfregiata o stuprata. Assurdità evidente e sesquipedale.
Poi esiste alla base del film un’altra semplificazione macroscopica: si vuole suggerire che gli uomini siano guidati da pregiudizi e impulsi e quindi impossibilitati a comprendere l’universo mentale femminile. Ammesso che ciò sia vero allora è vero anche il contrario e in ogni caso si cerca di far credere a questa teoria rivelando come un singolo poliziotto si lasci sfuggire una frase che potrebbe essere interpretata come “una ragazza facile che se l’è cercata”. Va bene, anche i poliziotti non sono perfetti, ma si tratta di uno solo di loro.
Ma soprattutto, seguendo la dinamica stessa dei femminicidi, è ovvio e scontato andare a ricercare tutti i partner passati della vittima, visto che quasi sempre il colpevole è lì che va appunto trovato (e non si tratta di conseguenza di una decisione pregiudiziale da occlusione mentale maschia). Per quale oscuro motivo dunque (vedi la scena con la migliore amica al ristorante) ciò dovrebbe indurci a credere che gli inquirenti vogliano “denigrare” la vittima, farla passare, ancora, per una “ragazza facile”? Mistero.
La notte del 12 è, insomma, un’opera alquanto problematica, ben poco tesa e coesa, popolata da riflessioni e metafore scontate oppure opinabili. E poi è fin troppo facile, nella finzione (sia pur basata alla lontana su fatti realmente accaduti), riparare sulla non soluzione della trama imbastita. E il film di Moll è eccessivamente cattedratico, con l’ansia di trasmettere il “messaggio” che fagocita tutto, cinema incluso.
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