CINEMA OLTRECONFINE/FESTIVAL DI CANNES 2022-SEMAINE DE LA CRITIQUE
"Tutti quelli che fanno un lavoro ingrato meritano rispetto....
Invece qui tutti se ne fregano!"
La regista del toccante e riuscito filmA girl at my door del 2014, la regista coreana July Jung torna a presentare un nuovo lungometraggio, che ha avuto l'onore di chiudere la Settimana internazionale della critica al Festival di Cannes del 2022.
Come per il film precedente, la figura della protagonista è sostenuta con la solita determinazione e sensibilità dalla star coreana Doona Bae, ancora una volta nei panni di una poliziotta coraggiosa e rigorosa nel ricercare la verità ed i colpevoli di un drammatico episodio di cronaca.
La vicenda, tratta da un fatto di cronaca realmente occorso, si incentra sul personaggio di Sohee, una volenterosa e dotata studentessa universitaria che, in attesa della specializzazione, cerca di guadagnarsi un minimo di indipendenza accettando un lavoro presso un call center.
Lo stress lavorativo e le tecniche di competizione che caratterizzano le sue giornate lavorative, portano ad uno stato depressivo la ragazza, che verrà ritrovata morta.
A questo punto l'indagine, frettolosamente classificata come un suicidio, viene portata avanti da una scrupolosa detective, che farà di tutto per far emergere le vere responsabilità a carico di individui dirigenziali troppo presi a rovinare l'esistenza ai propri sottoposti, pur di riuscire a raggiungere obiettivi di vendita sempre più sfidanti e sproporzionati.
Il sottile e intenso film della July si propone di fare luce sul torbido mondo delle vendite per corrispondenza, e dei ritmi devastanti che affliggono chi non può fare a meno di accettare di convivere con uno stress ed una tensione costante che una direzione arrivista e disumana propone come obiettivo comportamentale, conferendo traguardi sempre in via di incremento ogni qualvolta il risultato si riveli a portata di mano.
La Jung racconta la drammatica vicenda relegando il momento più drammatico ad una narrazione fuori campo, quasi ad ostentare il pudore e una forma di rispetto, doverosa e comprensibile, nei confronti di una vittima di un sistema disumano che è troppo importante riuscire a debellare per evitare il ripetersi di tragedie similari.
Doona Bae, dal canto suo, riesce a dar vita ad un nuovo personaggio indimenticabile, non meno della dolente poliziotta, perennemente in nero vestita, coinvolta nel caso di violenza su una minore.
La bravissima attrice si adopera a tratteggiare i connotati di una donna dura ed inspessita dai casi drammatici affrontati in anni di carriera, ma coinvolta anche sul piano umano nella soluzione di una vicenda drammatica ma anche vergognosa di sfruttamento e sopraffazione.
Un atteggiamento, quello della tenace poliziotta, a metà strada tra la determinatezza della posizione che ricopre, e la dolcezza di una madre o sorella minore, impietosita da una parte nei confronti della vittima, e dall'altra determinata a far si che la sua indagine sfoci in una vera e propria condanna dell'azienda interessata al risarcimento per quella che deve essere considerata una vera e propria morte sul lavoro, piuttosto che un suicidio come tanti dovuto a motivazioni personali che esulano dall'attività in cui era impiegata la povera ragazza.
Un film toccante, intenso, riuscito quasi quanto il già citato e meraviglioso A girl at my door.
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