Regia di Jerzy Skolimowski vedi scheda film
Un asinello per amico
Dopo Bresson doveva arrivare Skolimowski perché l’asino, il più mite e maltrattato degli animali, si prendesse la sua rivincita.
Addirittura Skolimowski lo fa parlare, non dico che lo umanizzi, che sarebbe un’offesa per lui, no, l’asinello comunica con il suo linguaggio, con i ragli, con gli occhi, con la testa, con le zampette sottili che corrono veloci su strade sconosciute, senza paura.
Intorno al collo gli hanno messo una bella collana di carote, lui china la testa quando ha fame e ne mangia una, sono le sue preferite, come il muffin alle carote che gli porta la sua amica per il compleanno.
Tranquillo come un filosofo che ha capito coma va il mondo, ha un, nome fonosimbolico che, letto nel modo giusto, all’inglese, ci fa capire il suo significato. Farà esperienza del mondo decidendo lui cosa vuole e non vuole fare, che rapporti avere con il suo prossimo umano, come guardarlo, con simpatia o riprovazione, anche con amore, sì, quello che prova per la bella Kasandra, acrobata di un circo che dovrà chiudere.
Si ritroveranno e si perderanno di nuovo, così è la vita degli uomini e così quella degli asini.
Una debolezza EO ce l’ha, un’invidiuzza sottile per il bel fuoriclasse bianco, un cavallo di razza che il fantino cura come fosse la sua morosa.
E lui, invece, dietro il suo steccato, povero asinello, non lo guarda nessuno.
Meglio, pensa, posso andarmene dove voglio, esplorare un po’ questo strano mondo che osa credere che l’asino sia stupido, che a Pinocchio vengano le orecchie d’asino perché non studia, che usa il mio nome per insultare (sei un asino!).
Per fortuna quel buon bue accettò la mia compagnia, duemilaventidue anni fa, e un po’ io un po’ lui, scaldammo quel fantolin che nascere in una stalla solo quei due sconsiderati potevano fare!
Basta, il mondo intorno al simpatico asinello è una gabbia di pazzi, si odiano, si menano, si drogano, madri e figli non si riconoscono più, meglio essere asini.
Questo e tanto altro ci racconta questo film stupefacente per la capacità di entrare nella testa di un animale noto per la sua totale disponibilità alla sottomissione, presenza umbratile, marginale, invisibile.
“Esser carico come un asino”, mica si dice di altri animali!
La carica travolgente di denuncia da parte di Skolimowski, un vegliardo sempre alle prese con un mondo che non va, è proprio aver collocato EO in primo piano, un primo attore, protagonista epico di una storia on the road che si snoda per boschi, laghi, città colme di traffico, vede albe e tramonti mozzafiato, corre rischi notevoli ma ne esce trionfante.
Aver visto Au hasard Balthazar di Robert Bresson da bambino l’ha segnato per la vita e a 84 anni ha deciso di mettere il suo cinema al servizio di una causa nobile: la riabilitazione dell’asino.
Purtroppo EO. cammina cammina. arriverà anche in Italia, dove non osiamo immaginare come andrà a finire.
In una malga veneta troviamo nel menu spezzatino di asino, e da recenti aggiornamenti non solo là.
Alla demenza non c’è mai fine!
www.paoladigiuseppe.it
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