Regia di Jerzy Skolimowski vedi scheda film
In concorso a Cannes 75, il film di Skolimowski reinterpreta Au hasard Balthazar di Bresson, e si rivela la tragica onomatopea di un grido di dolore e delusione di un essere mite come si rivela l'asino protagonista e vittima sacrificale, nei confronti della vorace ed insaziabile umanità.
FESTIVAL DI CANNES 75 - CONCORSO
Alla veneranda età di 84 primavere, con EO il celebrato regista ed attore polacco Jerzy Skolimowski torna a ruggire anche se, considerate le circostanze del film che porta a Cannes 75 in Concorso, sarebbe qui più appropriato utilizzare un altro verbo qualora questo non corresse il rischio di venir interpretato erroneamente in senso dispregiativo ( come talvolta può avvenire ingiustamente) quando si accenna al raglio dell’asino.
Un mite asino chiamato Eo dal verso inconfondibile, con cui si esprime in coerenza alla specie animale che rappresenta, dallo sguardo dolce e rassegnato, lavora obbediente e volenteroso in un circo polacco, fino al giorno in cui un gruppo di animalisti fa irruzione nella struttura facendo in modo che gli animali vengano destinati ad altri luoghi ove auspicabilmente possano finire di essere sfruttati e ridicolizzati.
Da quel momento per l’animale inizia un viaggio senza fine ove ogni occasione sarà propizia per fargli cambiare padrone o destinazione e conducendolo in un viaggio lungo una società europea scombussolata dalla prepotenza, dal malaffare, dalla violenza e dalla sopraffazione.
Dallo sguardo pacifico e naturalmente predisposto alla sopportazione, al perdono e alla rassegnazione, si riflettono le cattiverie di un’ umanità sempre più ferina e assetata di prevaricazione che usa il regno animale come strumento e come nutrimento di una fame e brama di conquista da cui l’individuo singolarmente non riesce mai ad uscirne sazio.
Ogni beneaugurata volta che il grande regista polacco Jerzy Skolimowski torna a dirigere un film si crea immediatamente nel cinefilo quell’ansia di tuffarsi al più presto nella capacità del regista di lasciare un segno con la potenza delle immagini evocative e tecnicamente di grande impatto visivo che sempre caratterizzano il suo cinema.
Passato sin troppo tempo dall’emozione senza possibilità di contenimento maturata a seguito della visione del suo straordinario penultimo lavoro (l’incredibile 11 minuti presentato in Concorso al Festival di Venezia nel 2015) risultava impossibile non fremere nell’attesa di poter affrontare questo suo più recente lavoro.
Il solo pensiero di poter affrontare, anche da parte di un regista più talentuoso della media com’ è senz’altro Skolimowski, un remake ‘impossibile’ come quello del capolavoro assoluto di Robert Bresson (Au Hasard Balthazar del 1966) parrebbe un atto ad alto tasso di autolesionismo.
Il grande cineasta si accosta all’operazione un po’ più di lato, in modo indiretto. Resta, però, evidente l’idea di base di reinterpretare ed aggiornare alla contemporaneità non meno fosca e distruttiva dei nostri irrequieti giorni attuali la parabola del povero mite asinello che si immola con pazienza e spirito di sacrificio dinanzi ad un’ umanità mostruosa e ferina che sa solo consumare e distruggere ciò che la circonda.
Nel riproporre i significati di fondo della pellicola del grande regista francese, Skolimowki va incontro, inevitabilmente, ad un percorso un po’ più forzato e meno limpido rispetto a quello originario uscendo però indenne da un pericolo di retorica sempre in agguato. Questo grazie anche alla solita superba regia di nerbo e ad una capacità di dirigere e filmare che lascia ogni volta stupefatti ed interdetti.
L’asino EO è, qui ancor più che in Bresson, l’unico assoluto protagonista. Attorno a lui ruotano personaggi più o meno mostruosi ed inquietanti nei confronti dei quali solo la bontà e la predisposizione alla sopportazione di quel povero ‘santo’ di asino riescono a soprassedere e a non provare quel comprensibile senso di disgusto che ognuno di essi ispira e personifica.
In quel che resta del cast (che non sia l’ottimo asino) distinguiamo il nostro giovane promettente Lorenzo Zurzolo nei panni di un prete col vizio del gioco e un’ iconica ed inquietante Isabelle Huppert, impegnata in un cameo di lusso, nel ruolo della ricchissima e controversa madre di quest’ultimo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta