Regia di Lionel Baier vedi scheda film
Più che derivare, i continenti si incontrano: l’Africa e l’Italia. La questione migratoria ha avuto un suo apice poco prima dello scoppio della pandemia, ma ce lo siamo dimenticati. Tra le strade di Catania risuonano le voci al tg di Matteo Salvini, e intanto una responsabile dell’Unione Europea di postazione all’accoglienza migranti nel sud della Sicilia incontra colleghi rappresentanti della Francia e della Germania per gestire la visita di alcuni politici. Incontra anche il figlio che aveva abbandonato anni prima, lui davvero un continente lontano dal suo, in aperto conflitto e contrasto. In un percorso in giro per la Sicilia, che da luogo geograficamente precisato diventa luogo dell’anima, madre e figlio si rincongiungeranno anche rispetto alle loro posizioni intellettuali in termini di politica d’accoglienza europea.
E il film cambia tanto più i due si riconciliano, e da commedia brillante che mostra le contraddizioni sociali grottesche di un luogo (non di un’immagine, come dice Isabelle Carré) diventa una successione di scene-dramma quasi disgiunte e perennemente rivelatorie, con vette dolaniane. Non è chiaro se la scelta di ricondurre dei dilemmi sociali a delle risposte di puro effetto scenico sia la cosa migliore, anche rispetto a un’eventuale sensibilizzazione tematica. Eppure c’è di buono che c’è tutto il tempo (la prima metà di film) per divertirsi e affezionarsi ai personaggi, e qualcuno può decidere di stare al gioco fino alla fine. Rimane però un peccato che al grottesco sociale si preferisca il grottesco sovrannaturale (un meteorite, un terremoto, un vento fuori dal comune), specie se accompagnato a un’immagine della Sicilia fuori dalle convenzioni e finalmente parecchio vera. Un luogo, non un’immagine, appunto.
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