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Les cinq diables

Regia di Léa Mysius vedi scheda film

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La recensione su Les cinq diables

di mck
8 stelle

In attesa che il futuro arrivi, diventando presente, e modifichi il passato interferendo con la freccia del tempo: memento vivere.

 

Les Cinq Diables”, l’ottimo (e dal “fuorviante” titolo pseudo-”argentiano”) secondo lungometraggio uroboricamente spiraliforme scritto e diretto da Léa Mysius, dopo l’altrettale (ovvero altrettanto convincente) esordio di Ava (spostandosi dunque dalle spiagge dei Pirenei Atlantici alle Rhône-Alpes "mediterranee"), può dirsi retto – oltre che sulle interpretazioni maiuscole di Adèle Exarchopoulos, della semi-esordiente adulta Swala Emati e della giovanissima esordiente Sally Dramé (con corollario di Moustapha Mbengue, Daphné Patakia e Patrick Bouchiteye, più il cameo - la MdP indugia su di lei in un protratto momento dolcemente gratuito - di Noée Abita), sulla fotografia (35mm, 2.35:1) di Paul Guilhaume (Ava, Petite Fille, les Olympiades), sul montaggio di Marie Loustalot (tagli, jump-cut ed ellissi di una lucidità impressionante, sicuramente coadiuvati dalla sceneggiatrice - les Fantômes d'Ismaël, la Strada dei Samouni, les Olympiades - e regista) e sulle musiche di Florencia Di Concilio (Ava), più almeno un paio di canzoni, come sempre eccellentemente scelte ed utilizzate dall'autrice (In "Ava" era il Memento Mori della Passacaglia della Vita), una in intro e l’altra in outro, rimarcabili: la cover della “Me and the Devil (Blues)” di Robert Johnson ad opera di Soap&Skin (Anja Franziska Plaschg) e la “Cuatro Vientos” di Danit, oltre alla “Total Eclipse of the Heart” di Jim Steinman, sia nella versione di Bonnie Tyler sia in quella al karaoke di Exarchopoulos/Emati – su tre ipotesi, effetti, principi, teorie e leggi scientifiche:

- l’Ipotesi di Sapir-Whorf, adattata alla relatività annusatoria piuttosto che a quella linguistica, e implementata da una forte dose di fantascienza speculativa (che per sua natura spesso sconfina nel “fantasy”, se pur impuro - o, come in questo caso, n’è parte preponderante -, m’ha dalla sua il tutto sommato non necessario salvacondotto, la scappatoia e il rifugio del suo speculare contrario dicotomico inverso, ovvero l’Hard SF della Terza Legge di Clarke, la quale ci ricorda che “qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”): molecole odoranti e ricettori olfattivi come dislocanti macchine del tempo (i “poteri” della mente…);

- il Principio di Indeterminazione di Heisenberg (o, in sociologia, l’Effetto Hawthorne), applicato su scala umana, e che qui riassumo contestualizzandolo al Cinema, e in ultimo a questo film in particolare: di una singola particella non possono essere conoscibili, in un dato istante, e insieme, due fra le sue condizioni principali, ovvero la velocità-direzione (indeterminazione/disturbo sulla quantità di moto) e la posizione-momento (incertezza/errore sulla dislocazione): una singola particella, insomma, risulta essere non-conoscibile nella sua interezza. Si comporta come un’onda, con indici di probabilità differenti: è come se l’onda potesse “diventare” particella in un punto piuttosto che in un altro della sua frequenza, in un modo non prevedibile. Nel loro insieme le particelle si comportano come un corpo, prese singolarmente, però, i loro andamento e velocità, e le loro traiettoria e posizione, sono costituiti solo da delle probabilità statistiche. Qualsiasi tentativo da parte di un osservatore esterno di individuare queste misure e queste quantità (ad esempio irradiando degli elettroni con dei fotoni) disturberebbe il sistema e renderebbe inutili i calcoli. A questo livello sub-atomico la distinzione tra velocità e posizione non ha (più) senso. La fisica nucleare si comporta differentemente dalla realtà (Galileiana, Newtoniana) che possiamo percepire con i nostri sensi, anche con quelli tecnologicamente aumentati che ci consentono d’indagare la granulosità atomico-corpuscolare di fondo della Natura: e cosi è il Cinema per la Realtà: il Cinema lavora, più di tutte le altre arti, con l’Oida, ovvero: vedo, osservo, guardo, scruto e dunque so, comprendo, capisco, conosco: nulla di più sbagliato, niente! E questo deve spronarci a vedere, osservare, percepire e cercare qualcosa oltre la Trama della Realtà: lo sprone (scoprire di provocare il disastro osservandolo) a combattere per poi assimilare (comprendere che osservare il disastro lo provoca) il Primato della Percezione;

- la Legge/Principio di Conservazione dell’Energia (Mayer, Joule, Helmholtz) e il Secondo Principio della Termodinamica (Clausius, Kelvin): il trasferimento (conduzione, convenzione, irraggiamento) di energia (scambio termico) da un corpo caldo irradiante ad un corpo freddo inerte: ah, l’amore, quale dissipazione entropica!

 

 

 

* * * ¾ (****)    

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Ultimi commenti

  1. mck
    di mck

    Però sono molto tondi. Gli elettroni, dico.
    https://nautil.us/the-electron-is-so-round-that-its-ruling-out-potential-new-particles-296976/

  2. maurizio73
    di maurizio73

    Mi fa piacere che il tuo giudizio sia più che positivo, per un film dal soggetto non facilmente classificabile e che può essere agevolmente frainteso (in fondo è una storia di amori...diversi). Siamo comunque dalle parti di un cinema giovane che ha il coraggio di sperimentare con le idee e la costruzione della storia (concordo sulle virtù del montaggio), che accomuna giovani registi europei (Ducournau ma anche, per dire, Lorcan Finnegan) anche se con esiti diversi, e che mi pare molto distante dalla sensibilità e dall'omologazione delle produzioni di casa nostra, più vocate quando va bene alle metafore sociali dei fratelli D'Innocenzo.

    1. mck
      di mck

      Concordo in pieno, Maurizio. Dal “quando va bene” relativo/collegato ai D’Innocenzo, passando per gli altri due nomi citati, i quali, anche se mi paiono avviati verso se non una parabola discendente almeno un falsopiano di defatigamento (la prima dopo Grave/Raw ha fatto un passo indietro con Titane e, in attesa di vedere cosa farà con la messa in scena di un paio di episodi di “the New Look”, ne ha diretti un altro paio di quella boiata di Servant, mentre il secondo mi aveva convinto con Without Name e Vivarium, e poi pure lui s’è messo a marciare sul posto con Nocebo), sono per l’appunto relativamente giovani e hanno tutto il tempo per migliorarsi, e giungendo all’italica situazione: sbaglierò senz’altro, ma è dal da me non disprezzato “Luci Lontane” di Aurelio Chiesa (sceneggiatura di Lerici e del “nostro” Leoni da un romanzo di Pederiali) che la SF non entra a gamba tesa – magari sulla caviglia e non sulla palla – nel cinema italiano: sì, d’accordo, Jackpot, Strane Storie, Nirvana, 6 Giorni sulla Terra, l’Ultimo Terrestre, l’Arrivo di Wang… Va beh. Fascisti su Marte, ecco! Altrimenti ci si affida al realismo magico (ottimo) di Lazzaro Felice. Ad esempio Lorenzo Bianchini, “passando” al mainstream, abbandona il “genere” (horror, fantasy, SF soft) e diventa quasi “iperrealistico” nella sua favola politico-sociale di “l’Angelo dei Muri” (che rimane un discreto buon film). A presto.

    2. mck
      di mck

      PS. A proposito dell'italiaca situazione, qui intesa dal PdV letterario, ma la citazione s'adatta benissimo anche a quello cinematografico, ti riposto un paragrafetto da "Antropocene Fantastico" di Matteo Meschiari, del quale ho parlato qui: https://www.filmtv.it/playlist/720642/libriccini-animati-61-antropocene-fantastico-scrivere-un-altro-mondo

      L'alterità è una costruzione culturale, ideologica, politica. Quale alterità viene costruita nel romanzo [o film; NdR] che avete in mano? È legata all'idea di collasso (ambientale, sociale, cognitivo)? È in risonanza con la contemporaneità, recepisce lo zeitgeist, oppure si riferisce a una visione del mondo precedente? Questa visione aggiunge qualcosa di nuovo alla riflessione sulla crisi del sistema-Terra? Quale prospettiva incarna? Eurocentrica? Occidentale? Antropocentrica? Patriarcale? Bianca? Il libro [o film; NdR] che avete in mano è un romanzo dell'Antropocene se almeno un personaggio o una qualche scena centrale mettono in crisi un sistema identitario tradizionale verso una nuova idea di 'persona', umana o non-umana. Tratti indicativi sono lo shift ontologico, la confusione delle barriere tassonomiche, gli sconvolgimenti di scala, il crollo di identità. In questo senso ibridi, mutanti, teriomorfi, simbionti, megafauna, alieni, materie instabili [e virus; NdR] sono l'evoluzione heisenberghiana e antropocenica di zombie, vampiri e licantropi del vecchio sistema tolemaico. Se invece l'identità del personaggio è quella di un uomo che va verso i cinquanta e che ha perso il buon vento nell'arcipelago coniugale, lavorativo e sociale, allora 'Antropocene' è al massimo il nome del suo cane.

      A Veltroni fischiano le orecchie. Sarà il mal d'Africa.

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