Regia di Léa Mysius vedi scheda film
Il film si avvita nella circolarità di una linea di tempo chiusa; una prospettiva rovesciata secondo cui l'intervento nel passato generi inevitabilmente lo stato di cose del presente piuttosto che cancellarlo, da cui forse si può uscire per la tangente,nel doppio scampato pericolo di un amore altro che non rischia di restare infelice e improduttivo
L'olfatto eccezionalmente sviluppato della piccola Vicky è motivo di apprensione familiare e di emarginazione sociale da parte dei compagni di scuola. Quando in casa si ripresenta la problematica zia paterna Julia, le facoltà sensoriali della bambina si acuiscono, rivelandole insospettate doti di chiaroveggenza e la scoperta di trascorsi familiari che minaccerebbero la sua stessa esistenza.
L'odeur du passé
A dare retta al titolo, al trailer ad all'incipit del film si sarebbe tentati di catalogarlo facilmente come una delle molte derive esoteriche della recente cinematografia europea indie (per lo più francese e iberica, ma anche britannica), con l'immagine di uno stregonesco consesso sabbatico quale facile attribuzione rivelatrice degli inconfessabili segreti di una remota provincia francese e del suo gineceo di ragazze perdute. L'opera seconda della talentuosa regista francese Léa Mysius però è perfettamente ascrivibile ad una personalissima poetica dell'età di passaggio già messa in scena nei chiaroscuri e nelle intuizioni formali del film precedente (Ava), storia di una adolescenziale fascinazione per la vita e per il mondo messa a repentaglio dall'incombente cecità che affligge la giovane protagonista, con il focus su di una deficienza sensoriale (la vista) che sembra essere compensata da altre facoltà immaginative e percettive che le aprono orizzonti ed esperienze altrimenti precluse. Passando dall'adolescenza all'infanzia e dalla vista all'olfatto, le prospettive della maturazione di consapevolezza in una delicata fase di transizione si spostano verso paure escatologiche ancora più radicali e profonde, attingendo ad un realismo magico che richiama innate facoltà sciamaniche ed un retaggio ancestrale che impone disciplina alchemica e rituali esoterici degni di una scarmigliata streghetta di provincia alla ricerca, metodica ed ansiogena insieme, di una verità esiziale e di una improvvisata strategia d'emergenza che la tragga fuori dal periglioso limbo della non esistenza. Gli adulti, va da sé, non sono così complicati ed incomprensibili come danno ad intendere, soprattutto agli occhi di una curiosità infantile che trova nelle ragioni di uno strenuo attaccamento alla vita (ed era il tema centrale anche dell'opera prima) lo stimolo per una inevitabile scoperta del mondo e delle sue contraddizioni (un ambiguo menage a trois tra due donne e un uomo, tra due fratelli ed una moglie), che però rischiano di deflagrare in un misterioso allineamento cosmico da paradosso del nonno (del genitore in questo caso) in piena regola, roba da farti drizzare i capelli in testa; cosa che alla piccola protagonista riesce particolarmente facile. Anche qui, come nel primo film, si agita lo spettro della contaminazione, del meticciato, del meltin' pot (là era la comunità zigana) come occasione per pregiudizi ed ostilità di provincia, ma anche e soprattutto come possibilità di arricchimento sociale e umano, di una ricerca della felicità che non bada al colore della pelle ed alle preferenze di genere, ma che rischia con le sue complicazioni ontologiche di pregiudicare piuttosto la felicità di qualcun altro. Ed ecco allora che il film si avvita nella singolare e misteriosa circolarità di una linea di tempo chiusa, seguendo una prospettiva rovesciata secondo cui l'intervento (o la sola presenza) nel passato generi inevitabilmente lo stato di cose del presente piuttosto che cancellarlo, da cui forse si può uscire per la tangente (ma il finale, con la sua fantasmatica sortita ed una velata minaccia di iterazione, lascia qualche dubbio), nel doppio scampato pericolo di un abbraccio tra un padre ed una figlia grata del dono che le è stato concesso e nel coronamento di un amore altro che non rischia più (forse non l'ha mai fatto) di restare infelice e improduttivo. Nomination alla Queer Palm al Festival di Cannes 2022 e vincitore del premio della critica al Dublin International Film Festival 2023.
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