Regia di Manuela Martelli vedi scheda film
75° FESTIVAL DI CANNES 2022 - LA QUINZAINE DES RÉALISATEURS
Colpo di fulmine alla Quinzaine per l’opera prima da regista dell'attrice cilena di origini italiane Manuela Martelli, un dramma politico sulla vita di una donna nel Cile del terzo anno della dittatura di Augusto Pinochet che evolve in un thriller al cardiopalma. Nel 1976 Carmen è signora matura borghese e benestante con la casa al mare, moglie di un medico in carriera, impegnata nella beneficenza per la parrocchia. Per questo accetta la richiesta del prete di ospitare e curare un ladruncolo ferito che avrebbe rubato il pane per mangiare. Grazie al marito medico si procura con una certa facilità antibiotico e medicinali. Ma non ci mette molto a capire che il ragazzo gentile che accudisce non è un piccolo criminale comune, ma un oppositore politico ricercato dal regime. Così l’improbabile Carmen entra in contatto col mondo clandestino e perseguitato dell’opposizione politica al tiranno, a rischio in caso di cattura di tortura e scomparsa nel nulla. Seguiamo i suoi incontri coi compagni del ferito, con le frasi in codice da scambiarsi e un oggetto (una pagnotta, una lampadina) da portare in mano per farsi riconoscere. La sentiamo addirittura assumere il nome di battaglia “Cleopatra” e chissà cosa ne penserebbe la signora fascista che il marito invita in barca…
Man mano che procede e si intensifica il coinvolgimento politico della protagonista, la pellicola assume i contorni del thriller, soprattutto dopo la scomparsa di documenti dalla macchina inspiegabilmente aperta dopo una breve sosta, poi riconsegnati in maniera ancora più sospetta da uno strano “vicino”. Mettendo in scena il senso di continua ansia e timore di essere seguiti e spiati dalla polizia, la regista ci regala momenti alla Hitchcock. Stupisce la bravura della Martelli nel costituire la sua opera prima incastrando ogni pezzo al punto giusto: denuncia politica, memoria, suspense, approfondimento psicologico della protagonista, ottimamente interpretata da Aline Kuppenheim. All'inizio del film la vediamo impegnata a scegliere i colori per la ristrutturazione della sua casa, i rumori di scontri che provengono dalla strada sembrano qualcosa di completamente estraneo alla sua esistenza. Ma una macchia di vernice che le cade sulle scarpe è il primo segno che non si può evitare di sporcarsi in una realtà orrenda come quella che stava vivendo il Cile. Sono particolari come questi a far capire che il film ha una marcia in più. La cura nella fotografia e nella scelta delle location di paesaggi costieri, le musiche assolutamente appropriate, l’attenzione ai colori e ai dettagli, i punti di vista e le posizioni della macchina da presa, gli zoom messi al punto giusto senza stafare sono induce di un talento che andrà senza dubbio tenuto d'occhio.
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