Regia di Mark Mylod vedi scheda film
Se parliamo di film che hanno diviso il pubblico, non possiamo non nominare The Menu. Sui vari social network e sul web critiche positive e negative ne sono piovute a bizzeffe.
Se da un dato punto di vista non porta nulla di nuovo alla critica sui ricchi, tema che, in questo periodo storico, è molto inflazionato da vari film, dall’altra la pellicola regala molti altri spunti ed un esercizio non secondario di fotografia, montaggio e interpretazione.
Appena ci si siede a tavola è evidente una critica feroce e aggressiva al mondo della cucina, dei food bloggers, critici gastronomici, chef che non cucinano e brigate alla stregua di marines.
Ma poi il piatto cambia e veniamo presi alla sprovvista con un attacco alla povertà della società moderna, alla voglia di esprimere concetti complessi su temi sconosciuti atteggiandosi a grandi conoscitori del mondo, convinti di avere la ragione sempre in tasca, non lasciando spazio al dialogo, ma solo alla voglia di dominare e prevalere.
La semplicità di un succulento cheeseburger contro il vuoto di un piatto più pensato che cucinato.
Queste tematiche possono creare noia allo spettatore, anche perché il film non ha certamente nel ritmo il suo punto di forza.
Un’altra cosa che sicuramente non fa piacere il film è che l’attacco è anche a noi, immobili davanti ad un piatto con quel cellulare in mano, come grandi fotografi o giornalisti, anziché avere nella stessa mano, una bella forchetta per degustare la portata.
Io per primo mi sento sotto attacco, ma ci sta, ed è questo il bello, quando un film ti aiuta a riflettere.
Le interpretazioni di Ralph Fiennes e Ana Taylor-Joy sono spettacolari e le candidature ai golden globe sono più che meritate.
Se vogliamo trovare un punto debole di questo prodotto, possiamo segnalare una regia che sostanzialmente appare staccata e poco interessata a dare il suo contributo alla riuscita. È li ferma a documentare la storia.
Storia di vite vissute con sufficienza alla ricerca di quella falsa immagine da vendere al mondo per sentirsi migliori, senza vedere come sarebbe stato meglio accettare di buon grado un cheeseburger forse meno appariscente ma più semplice e soprattutto più vero
Quando lo si vede, ci si domanda effettivamente “ma cosa sto guardando?” ma il suo eccesso e le sue critiche sono effettivamente il suo punto di forza, sempre che vogliamo accettare di essere criticati e non pensiamo di essere delle divinità perfette.
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