Regia di Mark Mylod vedi scheda film
Nutrivo buone aspettative per questo lungometraggio, sostenuto anche dalle parole di numerosi amici che si erano immersi nella sua visione precedentemente.
Visto che ormai è uscito in sala da diverse settimane e che le critiche principali sono già state appuntate su carta (digitale e non), eviterò di ripetere le cose già enunciate da altri.
La trama è incentrata su di una ristretta cerchia di persone che, per vari motivi, scelgono di partecipare ad una cena degustativa estremamente elitaria, riservata a pochissimi e coordinata sapientemente dallo chef Julian Slowik (Ralph Fiennes). I convitati rappresentano tutta una serie di (stereo)tipi, di maschere che forniscono una cornice variegata alla serata; non c'è da aspettarsi una profonda costruzione psicologica quindi, perché gli stessi sono necessari soltanto al fine di sostenere l'impianto, il concept di base, e non ad evolverlo e complicarlo troppo.
Avremo dunque a che fare con l'attore dai modi cafoni, con la critica capace di sciorinare una profondità terminologica in grado di far inorridire i personaggi di Nanni Moretti in "Palombella rossa" e "Caro diario", con l'adulatore seriale capace soltanto di accettare in maniera pedissequa tutto ciò che il Vate è in grado di proferire ai suoi discepoli ed altri ancora.
Il culto della personalità è uno degli elementi centrali della narrazione, capace di spingere l'apprezzamento verso lo chef Slowik a livelli di una vera e propria religione. Il personaggio di Tyler (Nicholas Hoult) è senza dubbio la massima espressione di tale sentimento, arrivando addirittura a commuoversi ed a piangere dopo aver ascoltato una digressione filosofica sul cibo.
La svolta horror della pellicola in qualche maniera sublima questo sentimento diffuso, portando i convitati ad essere parte integrante della cena - non in senso cannibale, ma come esperienza complessiva, come happening si potrebbe affermare. E difatti non passa molto tempo prima che il grande ed inaspettato piano venga dichiarato.
La formula è abbastanza semplice ed intuitiva; certamente la bravura degli attori posizionati nei ruoli chiave aiuta (Fiennes, Hoult ed anche Anya Taylor-Joy), ma nel complesso non è un prodotto dotato della volontà di far emergere i singoli talenti sopra una determinata soglia, proprio per dare forza più all'idea che non alle proposte individuali.
Come a dire: se si vuole valorizzare un ingrediente, non si aggiungono troppi elementi al piatto al fine di non sovraccaricarlo di sapori. Il rischio è però quello di realizzare una portata buona nelle intenzioni ma poco decisa e con scarsa personalità.
Ciò che manca alla pellicola è la potenzialità espressiva e la profondità dei singoli attori, troppo spesso chiusi nelle strette maglie di ruoli delimitati da precise caratteristiche. Non volendo intaccare troppo il sapore del prodotto finale, risultano a tratti spenti e chiusi su sé stessi, a volte incapaci di emergere con le relative qualità.
In definitiva, è un prodotto che ho visto volentieri? Nì, nel senso che la prima visione mi ha stupito per il plot twist, che iperbolicamente riesce a mantenersi in linea con il culto verso lo chef, ponendo le basi per alcuni spunti di riflessione sul mondo della cucina e non solo. Però, col passare dei minuti, non ho trovato quel climax e quella catarsi finale che avrebbero reso il prodotto più godibile.
Lo consiglierei? Se il desiderio è quello di visionare un titolo non troppo impegnativo e lineare, potrebbe essere una buona scelta; ma nel complesso non mi ha lasciato sensazioni troppo positive, per cui ritengo che si possa benissimo passare oltre senza troppi patemi.
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