Tyler è solo il primo degli ospiti di un rinomato ristorante situato in un'isola che non ospita altro che la struttura ricettiva di altissimo livello.
Poco dopo, oltre la sua fidanzata Margot, poco più che occasionale in verità, conosceremo non solo lo chef padre e padrone del luogo, ma anche parte dello staff ossequioso ed adorante e, soprattutto, lo sparuto numero di altri ricchi ospiti che partecipano al banchetto serale, a cui prendono parte attraverso un breve tragitto in barca, deliziati già in quella occasione da piccoli assaggi stuzzicanti.
Sotto la direzione del carismatico chef, la cena si sviluppa con i ritmi solenni di una processione liturgica ove ogni pietanza si porta dietro bizzarrie e provocazioni degne di uno show a lungo premeditato.
E la cena si trasforma in un vero e proprio sadico gioco al massacro, destinato a celebrare una sorta di ultima cena collettiva.
Il regista Mark Mylod, fino ad ora noto per commedie leggere non proprio memorabili, firma con The menu un horror in crescendo, che appare costruito assai meticolosamente e con uno script che pare più uno show colmo di soprese, che un vero horror.
Certo il carisma di un attore straordinario come Ralph Fiennes, qui nei panni assai pertinenti del celebre cuoco uscito fuori di testa, incide molto sul risultato del film, che riesce di fatto ad accattivarsi la curiosità del pubblico.
Lo testimonia prima di tutto il sostanziale positivo accoglimento del film in termini di incassi, tutt'altro che scontati per un horror di serie A come risulta a tutti gli effetti il film.
Ma l'opera deve fare presto i conti con un sensazionalismo decisamente forzato e sopra le righe, che vira sul macabro e al trucido, senza risparmiarci efferatezze dosate saggiamente a puntino, ma sin troppo strumentali ad una vicenda sin eccessivamente grottesca ed ostaggio della location un po' troppo costruita a tavolino per un piano che trasuda teatralità e forzature da ogni angolo lo si possa guardare.
Un horror furbetto e anche un po' puerile, che cerca di sfruttare l'appeal ambiguo del Fiennes mattatore accostandolo a quello non meno scenografico di Anya Taylor-Joy, l'unica anima caratterialmente in grado di tenergli testa.
Nicholas Hoult, che nasce protagonista quasi assoluto, vede disgregare poco per volta la sua presenza in un ruolo sacrificale come tanti di contorno. Originale, forse, all'interno di un film in cui tutto si muove per cliché piuttosto intuibili una volta che si viene catturati da una vicenda che appare più curiosa, che realmente interessante.
Fra il cast si riconosce anche un John Leguizamo impegnato a tratteggiare i panni di un ricco superficiale a cui è destinata una fine non meno cruenta degli altri facoltosi avventori.
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