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Un bel mattino

Regia di Mia Hansen-Løve vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un bel mattino

di laulilla
7 stelle

Presentato a Cannes lo scorso anno (Quinzaine) ha ottenuto giudizi non sempre lusinghieri - come è spesso capitato alle opere di Mia Hansen-Love - tuttavia, grazie soprattutto all'intelligente e coinvolgente interpretazione dei suoi grandi attori, merita una visione attenta.

 

Uscito nelle nostre sale il 12 gennaio, è, per me, la più recente visione di questo gennaio, dopo “Fayrytales”, di cui ho già parlato, e dopo “Living” ed “EO”, di cui parlerò.


La precedenza accordata a questo Un beau matin non indica tanto la mia predilezione, quanto il desiderio di riflettere su questo film, che, come i più riusciti dì Mia Hansen-Love, si ispira alla propria storia personale, affidata alla sensibilità interpretativa di alcuni grandi attori, eccellenti protagonisti.

 

È Léa Seydoux, nei panni di Sandra, l’attrice che, assumendo il ruolo di alter ego della regista, ripropone per il pubblico con delicata grazia il difficile momento in cui la donna che ancora portava il peso di un lutto non del tutto elaborato (era vedova da cinque anni) deve occuparsi di un padre gravemente malato, Georg Kienzler  (Paul Gregory), e di una figlioletta di soli otto anni, che esigeva attenzioni e affetto.


Insostituibile come figlia e come madre, Sandra poco poteva contare sull’aiuto della propria madre, la snob Françoise (Nicole Garcia), moglie divorziata di Georg, e ancor meno su quello della  sorella che viveva lontano. Toccava a lei, dunque  quotidianamente affrontare  i crescenti problemi, senza dimenticare quelli del suo lavoro di traduttrice e interprete simultanea nei congressi e  negli incontri internazionali.

 

Un giorno, per caso, aveva rivisto Clément (Melvil Poupaud), un tempo amico del marito defunto e aveva cominciato con lui un luminoso rapporto d’amore, che le aveva fatto riscoprire il proprio corpo, ancora soggetto e oggetto di desiderio: si sentiva finalmente di nuovo aperta alla passione e al piacere. 
Clément era tuttavia un uomo in crisi: inesistenti i suoi rapporti con la moglie, che, scopertane l'infedeltà aveva chiesto il divorzio e voleva portargli via il figlio.

Neanche per lui era facile portare avanti la passione per Sandra, che aveva coinvolto profondamente i suoi sensi e il suo cuore, né per lui  per lui era facile guardare apertamente in sé e decidere quale sarebbe stato il posto di Sandra nella vita futura.

 

 

 


Il film racconta l'esistenza complicata di Sandra con leggera e delicata grazia e ci regala pagine bellissime e talvolta molto dolorose: la malattia degenerativa di Georg, la sua progressiva cecità; la necessità di liberare la sua casa dei libri che tanto aveva amato; la difficoltà di trovare per lui un luogo dove dignitosamente potesse finire i suoi giorni, e il lento suo risorgere, passata la fredda stagione, allo sbocciare dei fiori di primavera, per le cure attente dei volontari che avevano saputo comprenderlo e farlo sentire ancora vivo.

Anche a Sandra la primavera avrebbe riservato, con la luce di un bel mattino, i fiori e l’amore tanto desiderato di Clément.

 

Bel film, che, con la sua fluida narrazione, ci parla delle luci (poche, forse, ma importanti) e delle oscurità (frequenti) nella vita di tutti, attraverso un racconto che perde a poco a poco l’autobiografismo da cui era nato e assume il carattere universale dei migliori film della regista.

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