Regia di Kevin Ko vedi scheda film
FAR EAST FESTIVAL 24 - IN COMPETITION
Due linee temporali seguono il percorso travagliato di vita di Ruo-nan, una ragazza che ha avuto anni prima la malaugurata idea di seguire il suo ragazzo nella celebrazione di un disco rituale spirituale da parte dei suoi parenti in una località sperduta della campagna taiwanese.
Un'esperienza che ha condotto la ragazza ad un contatto ravvicinato con uno spirito maligno, che poi ha continuato a tormentarla fino a richiederle svariati ricoveri psichiatrici.
Ora che è madre di una bimba, Ruo-nan pare riuscita ad allontanarsi da quelle fissazioni macabre, e si appresta a tornare ad una vita normale, condizione necessaria affinché la bimba non le venga tolta.
Ma quando proprio la piccola inizia a manifestare i disagi e gli atteggiamenti che sconvolsero la madre, ecco che il terrore ritorna a far parte della quotidianità della donna. Con Incantation il regista taiwanese Kevin Ko torna all'horror nello stile più che consolidato, talvolta pure abusato, del found footage che ha caratterizzato il suo esordio nel 2009 con l'horror Invitation only.
E lo stile del found footage, ovvero del film nel film opportunamente rimontato e ricomposto, stavolta si sdoppia nel duplice binario narrativo utile a farci comprendere il disagio che tormenta la protagonista, e le origini della maledizione che si è impossessata del suo corpo, trascinandola in un mondo di incubi ad occhi aperti.
Se Ko utilizza tutti gli escamotage tipici del genere, a partire dal sottoporre i protagonisti al tormento che deriva dalle scelte sbagliate che caratterizzano la loro errata e stolta scelta d'azione, all'utilizzo del buio come elemento cardine ove far annidare le radici del male, è pur vero che il film, nonostante il fastidio delle riprese che si presumono girate per l'occasione, riesce davvero nel compito, sempre più complesso nei meandri del cinema di genere, di generare spavento e terrore.
E Incantation è un film che, nonostante qualche lungaggine e ripetitività, suscita davvero paura fino ad urtare lo spettatore.
Ci troviamo dinanzi pertanto ad un prodotto commerciale studiato a tavolino, furbo e cesellato in modo utile a raggiungere pienamente lo scopo per cui è stato concepito, ma in grado di definire con efficacia un percorso di dolore e follia che diventa quasi un percorso espiativo necessario per ritrovare l'agognata serenità familiare.
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