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Animali selvatici

Regia di Cristian Mungiu vedi scheda film

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La recensione su Animali selvatici

di alan smithee
8 stelle

locandina

Animali selvatici (2022): locandina

FESTIVAL DI CANNES 75 - CONCORSO

Il ritorno in patria di Matthias, operaio emigrato a lavorare presso un macello tedesco, e di rientro in Transilvania dalla ex compagna quando gli giunge notizia che il figlioletto, a causa di uno spavento subito mentre attraversava il bosco per raggiungere la scuola, ha perso l'uso della parola, mette dinanzi all'uomo l'evidenza di una società rimasta ottusamente chiusa in se stessa.

Un mondo bloccato da paure e da timori ad integrarsi in una regione dove, non certo da poco tempo, convivono non senza difficoltà etnie ungheresi, moldave e rumene giunte ad un punto in cui nulla viene considerato più scontato, e dopo che le carovane di zingari furono negli anni passati già state sottoposte ad una sorta di cacciata etnica convinta e senza possibilità di negoziazione.

Matthias, uomo invero rude, rozzo e poco predisposto a comprendere anime sconfortate o in preda a paure ataviche fuori controllo, si trova suo malgrado in dovere di confrontarsi con un figlio piccolo ammutolito, pieno di paure, incapace di attraversare da solo il sentiero che lo conduce a scuola per il terrore degli animali selvatici che si celano tra le fronde.

E il dovere non meno impellente di prendersi cura di un padre minato da una malattia degenerativa che non dà scampo.

Ma chi sono veramente gli animali selvatici?

Forse gli orsi che uno studioso francese si appresta, contrariamente al pensiero dei locali, a censire scrupolosamente per scongiurare lo spopolamento di ogni specie animale autoctona in via di estinzione? 

Oppure gli intolleranti abitanti del villaggio, che si scandalizzano del fatto che tre operai dello Sri Lanka impastino a mani nude il pane quotidiano che giunge presso le loro tavole ogni giorno?

O la "umana" imprenditrice che assolda questi ultimi per poterli sfruttare non meno di come l'Europa dei paesi industrializzati sfrutta i rumeni emigrati come Matthias, per poterli anche qui retribuire al minimo salariale e godere in tal modo dei contributi europei legati alle nuove assunzioni?

O alla sua zelante direttrice amministrativa, ex amante di Matthias che si prodiga per la giusta causa, gioca con l'ingenuità del ex compagno e lo porta al delirio in un finale tragico quanto beffardo?

O al prete fazioso ed accomodante che non sa imporsi come dovrebbe e si posiziona con chi urla più forte, come il peggiore Ponzio Pilato che possa concepire una chiesa che sa solo predicare a vanvera?

Marin Grigore

Animali selvatici (2022): Marin Grigore

Marin Grigore, Judith State

Animali selvatici (2022): Marin Grigore, Judith State

Il ritorno alla regia di Mungiu si compie attraverso un potente e disturbante apologo incentrato a sondare le paure che oggi dividono, apparentemente in modo più ossessivo e compulsivo che giustificato, una comunità che, almeno a livello teorico, diviene un modello sconcertante di comportamento dimostrando di non aver saputo minimamente cogliere e maturare concezioni di appartenenza ad una comunità che sa guardare ad una più globale concezione di integrazione .

Mungiu delinea i tratti sconcertanti e quasi grotteschi, tanto appaiono stupidamente motivati nel loro fine ultimo, di un nucleo cittadino che non ha saputo o voluto capire nulla da un passato già straziato da conflitti locali insanabili e sanguinosi che ne hanno decimato la popolazione.

In un finale spiazzante, disturbante e anche piuttosto sarcastico, la bestia scacciata e tanto temuta saprà rivelarsi nella sua forza più complessa di comunità, in grado di opporsi a quel ruolo di belva cattiva puerilmente costruitole addosso da troppi preconcetti ed ignoranza, e da paure irrazionali utili solo a creare barriere e lotte per difendere confini irragionevoli, inopportuni, decisamente non necessari.

scena

Animali selvatici (2022): scena

scena

Animali selvatici (2022): scena

R.M.N., anagramma dell'esame della risonanza magnetica, ma che può anche in modo ironico stilizzare in sole ottuse consonanti il nome della Romania, o "Animali selvatici", come tradotto qui da noi, ci restituisce un Christian Mungiu in gran forma, lucido e fine indagatore dei fenomeni di massa e delle odiose intolleranze che distorcono la realtà, creando stolte divisioni tra popoli ed incoraggiando immotivati atteggiamenti di intolleranza.

Nella parte finale del film uno straordinario piano sequenza regola l'acceso confronto che divide una comunità in cui predomina chi sostiene l'impossibilità di una integrazione.

Ma di fronte allo spettacolo sconfortante di una comunità ignorante ed ottusamente chiusa in se stessa, c'è anche spazio per cercare di definire, come fa Matthias pretendendo una stretta di mano che supplisce un abbraccio altrimenti eccessivamente plateale, il proprio tornaconto personale che prevarica ogni altra urgenza

E allora gli animali selvatici nel finale, volutamente sfocati come bonari fantocci o puerili peluches, non possono che guardare attoniti e quasi increduli coloro che si definiscono esseri pensanti e razionali, con la perplessità di chi guarda un gruppo di belve che si dilaniano tra loro senza comprendere che stanno solo procedendo ad autoinfliggersi una fine prematura e senza senso.

Il vero mostro è infatti, per Mungiu, chi si permette di giudicare e di emettere sentenze, scagliando la prima pietra che suggella l'inizio delle solite inutili e devastanti ostilità che conducono alla soglia del precipizio.

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