Regia di Thomas M. Wright vedi scheda film
Interminabili sbrodolate di alcuni noti psicopatici critici di professione, ma più da auto-referto di professionisti del settore psichiatrico che da critico cinematografico, senza nemmeno dare a Oliver Coates quello che gli spetta, in un rigo. Perché senza la sua ottima colonna sonora, degno arrivo di un percorso sonoro iniziato già anni fa, "The Stranger" non sarebbe così misterioso, affascinantemente cupo ed evocativo, così come è.
Perfette sonorità che si avvalgono di strumenti antichissimi ed etnicamente di utilizzo aborigeni come il didgeridoo che già aveva fatto la sua comparsa nella colonna sonora de "L'Ultima onda"(The Last Wave)(1977), di Peter Weir.
Ma poi, nel mentre impegnatisi con il trattore a portare i grossi rimorchi di pomodori datterini, ti coglie l'amletico dubbio che ancora più stordisce dell'arsura dei 43 gradi all'ombra, su cosa mai ir Bocchi avrà voluto dire con quella chiusa che avrebbe potuto scrivere anche Samuele che "gli ci garbano i firmi" e allo Skipper II fa i panini tutta la notte , "E' un film eccezionale".
Si d'accordo, ma perché? Più che altro sarà perché sembra sempre debitore anch'esso di tutto quel lavoro di scrittura a descrivere i personaggi e ciò che li ha formati per come li conosciamo, fin da almeno i 20 anni precedenti agli avvenimenti svolti nel film.
Che bene o male farà sempre pensare a Michael Mann, e allora si capisce un pò di più seppure gli epigoni non siano mancati anche in Australia, negli ultimi anni.
Così come per un certo disinteresse all'azione in sè, quanto a seguire le tecniche di indagine, il tema sempiterno della perdita e sdoppiamento di sè del poliziotto infiltrato, che si finge qualcosa di diverso fino a senti di diventare un pò quell'"altro"(Will Graham, Sonny Crocket docet), e i dialoghi fra I vari detective delle squadre di polizia coinvolte nel caso, e le loro riunioni. A qualcuno potrà piacere di più ad altri no, ma certo questa parecchio costruita architettura solo nominalmente poliziesca, è ben sostenuta da una fotografia volutamente quasi sempre in ambienti oscuri, poco illuminati, con zone come sfocate, senza luce e che nascondono parte dei personaggi e degli sfondi. Esemplare in questo senso il viaggio in aereo verso il finale, e lo stacco che questa crea con il vasto paesaggio naturale delle ricerche minuziose da parte degli investigatori, di una qualche traccia del delitto a distanza di ben 20 anni.
Nei luoghi non distanti a quelli già della scomparsa di Azaria Chamberlain, altro famosissimo caso coinvolgente una bambina e ben marchiata nella memoria nazionale di cronaca nera, aussie.
Che anch'essa fu narrata in due film uno più noto dell'altro, americano e australiano.
John Nada
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