Regia di Maksym Nakonechnyi vedi scheda film
75° FESTIVAL DI CANNES 2022 - UN CERTAIN REGARD
Una giovane soldatessa ucraina, Lilia, impiegata nella ricognizione militare aerea con i droni sul fronte del Donbass, viene liberata tramite uno scambio di prigionieri dopo mesi di prigionia nelle mani dei nemici filorussi. Sembrerebbe la fine di un incubo quando finalmente torna a casa dalla famiglia e dal fidanzato, Tokha anche lui soldato e pure coinvolto in gruppi estremisti nazionalisti e sotto accusa per la partecipazione ad un raid contro un campo Rom nel corso del quale una persona ha perso la vita. Tuttavia qualcosa non torna, Lilia è tormentata e si ritira in sé stessa, non riuscendo neppure farsi toccare dal marito. Si sottopone a test medici di routine che rivelano che la donna è incinta: il figlio che Lilia porta in grembo non può essere del compagno, ma è il frutto degli stupri subiti in prigionia. La gravidanza rende impossibile per Lilia il ritorno alla normalità e alla quotidianità, mentre il rapporto sentimentale con l'irascibile Tokha è messo a durissima prova. Il fidanzato vorrebbe che la donna abortisse, almeno finché non capisce che la gravidanza può essere usata a suo vantaggio nel processo che lo vede imputato.
Butterfly Vision del regista ucraino Maksym Nakonechnyi ci porta alla cruda realtà della guerra nel Donbass, che era in corso da anni prima che riesplodesse nelle nostre consapevolezze con l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin nello scorso febbraio. Girato ovviamente prima degli ultimi eventi bellici, la sua presentazione al Festival 2022 è quanto mai attuale e necessaria.
Nakonechnyi rappresenta la crudeltà della guerra senza sconti né romanticismi e senza manicheismi, mostrando i crimini dei separatisti ma anche l'inquietante sorgere del nazionalismo xenofobo dal lato ucraino. Sentiamo ripetere in continuazione dai personaggi il motto nazionalista Slava Ukraini! (Gloria all'Ucraina!) che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi mesi come appello alla resistenza all'invasore, ma non c'è nessuna retorica né sciovinismo nel racconto di Nakonechnyi.
Il film affronta un tema durissimo come quello degli stupri come arma di guerra, il trauma terrificante, gli effetti devastanti sulla psiche che rendono impossibile il ritorno della vittima all'esistenza precedente e le scelte difficilissime che impone la conseguente gravidanza. Ciò che la donna ha dovuto subire in cattività non è mai mostrato esplicitamente, ma evocato o intravisto con sprazzi e frammenti di immagine, restando giustamente come un qualcosa di indicibile.
Le scelte stilistiche di Nakonechnyi includono il frequente uso dei droni, anche in riferimento al ruolo militare della protagonista, di finti streaming con commenti dei follower (ad esempio l'attacco al campo rom viene trasmesso in diretta Web dai nazionalisti con giubilo dei follower xenofobi e anche la rivelazione dello stupro da parte degli youtuber filorussi con annessi disgustosi commenti). Particolarmente impressionante una sequenza di un incubo di Lilia che vede parte della città di Kiev semidistrutta dai bombardamenti, preconizzando gli eventi che sarebbero tristemente seguiti nella realtà.
In un ruolo tanto difficile è da lodare la performance della protagonista Rita Burkovska per come rappresenta con trattenuta sofferenza il travaglio interiore di Lilia, un dolore intimo e non urlato, ma non per questo meno lancinante.
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