Regia di Chie Hayakawa vedi scheda film
Lucrando sullo spirito di abnegazione dei propri cittadini, sul loro attaccamento al paese e sul senso di responsabilità, il governo giapponese, non senza polemiche, approva “Plan 75”, il piano che consente a chi lo desidera di partecipare al programma di eutanasia per i cittadini con almeno 75 anni di età.
L’ennesima strage omicida perpetrata ai danni di un ospizio statale sembra avvallare la decisione del governo che intende porre fine al sistematico consumo delle pubbliche risorse da dedicare ai vecchi a al clima di odio nei loro confronti. Tre anni dopo l’approvazione “Plan 75” di Chie Hayakawa racconta i possibili effetti di un siffatto programma sulla popolazione nipponica.
La regista esordisce con una sequenza molto forte. Documenta il suicidio del killer e la confusione scaturita dall’attentato lavorando sulla profondità di campo e sull’inquadratura in modo che lo spettatore possa intuire la gravità della situazione senza morbose scene del crimine da ricostruire. La macchina da presa registra con estrema limpidezza il sangue che scorre lungo l’arto dell’assassino mentre, armato di fucile, si sposta nello spazio statico dell'inquadratura. L’effetto bokeh, unito all’esasperante utilizzo della luce, annebbia, invece, il quadro di riferimento, applicando alla scena un velo protettivo. È uno sguardo efficace che Hayakawa adotta ogni qual volta sia necessario offrire protezione alle vittime ed evitare, con fermezza e pudore, gli aspetti più pruriginosi della morte.
Hayakawa evidenzia fin da subito il proprio stile registico che si tinge dei toni grigi della vecchiaia e dei neri intensi delineati dalla luce penetrante da porte e finestre. La luce si diffonde in inquadrature fisse, in campo medio, all’interno delle quali i personaggi si spostano lentamente o rimangono fermi per assecondare un’idea di movimento che si esprime attraverso impercettibili zoom. La vecchiaia del resto lascia sui corpi il marchio infausto della lentezza e sorprende le persone per la rigidità del riflesso. C’è una scena che lascia sulla pelle la sensazione di staticità sprigionata dalla vecchiaia. È una mancata reazione ad un input visivo, o meglio, una tardiva reazione allo stesso. Il vecchio Yukio Okabe sta preparando la cena in una stanzetta buia. La luce prevale sul lato sinistro dove l’uomo si muove lentamente. Quando mi accorgo della presenza del nipote nella parte destra e scarsamente illuminata dello spazio scenico mi chiedo da quanto tempo il giovane funzionario, vestito di nero, sia lì, vicino allo zio che, a contrario del nipote, ha catturato il mio sguardo. Hayakawa riesce a infondere il disagio della senescenza. Sono predisposto, con maggior chiarezza, a comprendere la decisione presa dall’anziano uomo, stanco e offuscato della vita, che ha deciso di aderire al programma sanitario. La vecchiaia è un luogo buio e solitario in cui è difficile sopravvivere dignitosamente. Ne sa qualcosa la vecchia Michi senza più casa, lavoro e affetti. Quella a casa di Yukio è una scena importante in un racconto che non lesina sguardi penetranti su uno stadio della vita umana che merita di essere guardato con rispetto. Per rispetto Hayakawa non prende posizioni nette sulla questione del sovraffollamento del Giappone moderno. Non si schiera da una parte o dall’altra. Scruta uomini e donne che vivono sulla propria pelle i risvolti dell’adesione al piano di eutanasia legalizzata. Ma cosa che conta rappresenta le reazioni dei giovani di fronte alla morte, siano essi parenti come Hiromu, nipote che accompagna lo zio al suo destino, siano essi funzionari coinvolti nel progetto, come nel caso di Yoko, la giovane telefonista che ascolta i racconti della solitaria Michi, o come Maria, l’operatrice sanitaria filippina che ogni giorno ripulisce le stanze della morte. Ognuno a proprio modo è colpito da uno schiaffo a mano aperta poiché la somministrazione dell’eutanasia lascia profonde ferite psicologiche a cui la regista allude nelle giovani reclute di Plan 75, probabilmente chiamate a sostituire altre telefoniste come loro, provate dalla morte dei vecchi a cui hanno prestato il proprio tempo.
Da un lato la regista indaga sulle dignitose ragioni che possono portare alla scelta del suicidio assistito, e molte sono di carattere economico, dall’altra esprime una critica velata ad una sentenza di morte venduta come un mutuo o come una crociera di lusso, grazie a parole esemplari, modi ossequiosi e convenevoli salamelecchi..
“Plan 75” è una piccola perla, un film che vorrebbe sussurrare un dibattito sulla questione spinosa del “fine vita” senza urlare ricette miracolose per una questione che rimane sconvolgente dal punto di vista morale.
La regista intreccia i lunghi silenzi del proprio cinema alle emozioni pudiche di una scelta radicale che spinge le persone alla resa o alla fuga a seconda dei casi.In fondo la vita è un’inattesa partita a bowling, un gelato dal sapore antico, una dignitosa sepoltura. E la morte, che della vita è il compimento, non può essere un asettico procedimento burocratico che si espleta nella solitudine di una stanza grigia. Gli occhi pieni di smarrimento di una vecchia che ha cambiato idea o quelli rassegnati di un uomo che non ha più nulla da chiedere ne sono l'esempio.
Che si voglia pensare o meno a Plan 75 come la panacea di tutti i mali, oppure no, Chie Hayakawa rompe ogni indugio con la sua interpretazione della pericolosità di un tale programma. La morte, libera e decorosa, non può prescindere dal rispetto della volontà individuale, dei sentimenti umani ed, infine, del culto degli antenati che spetta secondo la tradizione animista giapponese. Per affermare la centralità di tali principi il film riesuma la memoria storica. Il centro operativo ricorda le cliniche naziste ove venivano sterminati i malati di mente, secondo principi similari a quelli fatti propri dalla distopica vicenda di “Plan 75”. Non meno inquietante il setaccio dei gioielli, delle borse, dei portafogli, degli abiti chè richiamano i tempi orribili dell’Olocausto. Il trattamento delle salme, infine, ricorda i crematori di Auschwitz e la relativa e sommaria dispersione delle ceneri di allora. Il film di Hayakawa diventa, in queste immagini abrasive, monito di una civiltà che potrebbe prendere un sentiero senza ritorno in nome di una fredda e calcolata opportunità di salvaguardia delle risorse.
"Plan 75" è un'opera prima coraggiosa e altamente personale che consiglio per lo stile di regia e per l'importanza dei temi trattati.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta