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Ritorno a Seoul

Regia di Davy Chou vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ritorno a Seoul

di laulilla
8 stelle

Presentato a Cannes nel 2022, ora visibile da noi, è il secondo film di un regista cambogiano, che, raccontando per il cinema la storia di una giovane coreana, adottata da piccola da una coppia di parigini senza figli, ripercorre, secondo le sue stesse dichiarazioni, la propria personale condizione di franco-cambogiano in cerca di identità.

La storia 

È la storia di Freddie Bénoit (Ji-min Park), giovanissima parigina d'adozione che, diretta a Tokyo per un periodo di vacanza, apprende all'aeroporto dell'annnullamento del suo viaggio per le proibitive condizioni del tempo.

C'è un viaggio a Seoul, però, che sembra fatto su misura per lei, coreana di nascita, che della sua terra natale ignora lingua, cultura, tradizioni.

La Francia che l'aveva accolta, le aveva dato, insieme a una madre e a un padre amorevoli, una nuova patria e l'aveva inserita dentro un'antica grande cultura, a cui sente di appartenere.

 

Eppure...era bastata una dolce melodia orientale, arrivata a lei dall'auricolare dell'impiegata dell'aeroporto di Seoul per suscitarle una dolce inquietudine: la voglia di conoscere la propria storia, quella parte oscura del proprio passato che sentiva di dover comprendere.

Un'efficientissima ricerca dell'agenzia Hammond - l'ufficio che si occupava, nei limiti del possibile, di riannodare i legami di sangue interrotti dalle adozioni - aveva fatto ritrovare a Freddie il padre  (Kwang-rok Oh), uomo ignorante, rozzo e alcolista, mentre la madre, che non viveva con lui, non aveva accettato l'invito a mettersi in contatto con lei, accrescendone l'angoscia sottile, ben dissimulata da un atteggiamento di fastidio per quello strano paese a cui, a parole, non sente d'appartenere.

Il suo soggiorno, tuttavia, fra nuove conoscenze, amicizie, difficoltà, si prolunga per otto anni, tanti erano stati necessari a ottenere infine il contatto con la donna che l'aveva messa al mondo.

Se si tratti di un lieto fine, non è dato sapere: il regista pone problemi, ma non dà risposte: ci lascia il ritratto "aperto" di una giovane donna, otto anni prima fragilissima, nonostante l'esibizione di sicurezza, ora meno immatura, e meno disposta a sprecare la propria vita fra pericolose frequentazioni, amori difficili e paradisi artificiali...

La vita che l'aspetta sembra tuttavia contrassegnata dalla malinconia vuota di prospettive di chi ha perso le proprie radici e non trova il proprio "ubi consistam".

Un film amaro e drammatico; un ritratto di donna non usuale. 

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