Regia di Lukas Dhont vedi scheda film
75° FESTIVAL DI CANNES 2022 – IN CONCORSO
Due ragazzini belgi, Léo e Rémi, vivono un'amicizia simbiotica trascorrendo tutto il tempo assieme, giocando nei campi fioriti, correndo in bicicletta e quasi condividendo le rispettive famiglie di origine. All'arrivo nella nuova scuola domande inopportune dei nuovi compagni (“ma siete una coppia?”) e qualche battuta cretina dei bulletti della classe inseriscono per la prima volta tensioni nel loro rapporto idilliaco. Léo inizia a volersi staccare e la scelta di entrare nella squadra di hockey su ghiaccio è un modo per creasi uno spazio autonomo dal delicato amico suonatore di oboe, inserendosi in un gruppo più mascolino. Rémi non capisce questo mutamento nell'atteggiamento dell'amico e vive questo allontanamento come un tradimento.
SPOILER DOPO L'IMMAGINE
Il suicidio di Rémi è lo strappo che recide il film in due parti: in seguito la storia si concentra sulle conseguenze del lutto e sul senso di colpa che si fa strada nel ragazzino sopravvissuto. Perché a un'età in cui il desiderio di essere come gli altri è incredibilmente potente è difficile essere consapevoli che non va dato ascolto alle parole superficiali di persone di fatto estranee che coi loro giudizi affrettati e futili possono condizionare negativamente rapporti che invece per chi ne è coinvolto sono fondamentali, producendo conseguenze a volte irreparabili. E capirlo in un modo così tragico è devastante per chi è ancora un poco più che bambino come Léo.
L'ultima parte è dedicata alla progressiva ricostruzione del rapporto con la mamma di Rémi, che vuole capire (“Leo cosa è successo tra di voi?”), ma non smette di amare il ragazzo diventato quasi un figlio suo, non alimentando affatto rancorosi sensi di colpa. Proprio il tenero abbraccio tra Léo e la madre dell'amico è la conclusione più dolce, l'unico lieto fine possibile per rispondere ancora una volta insieme al dramma che entrambi hanno vissuto e al dolore che continueranno a provare.
Lukas Dhont porta avanti il medesimo discorso del precedente Girl sugli ostacoli che devono superare gli adolescenti che si discostano dalle aspettative sociali sul genere e la sessualità. Ora, in Close non viene mai detto che Remi e Leo siano gay o che siano in procinto di costituire una (proto-)coppia, quello che si intuisce è che questo potrebbe magari diventare realtà in futuro, ma anche che a quel punto della vita nemmeno i diretti interessatati ne erano consapevoli. Comunque il loro rapporto viene visto da molti osservatori come qualcosa che esce dai più rigidi canoni di comportamento maschile. Quindi, dicevamo, il giovane regista fiammingo porta avanti il medesimo discorso già iniziato con la storia della ballerina in transizione, ma qui fa un ulteriore passo avanti nella costruzione della sua personale poetica fatta di lirismo e sensibilità.
Close è un piccolo film tenero e intimo, commovente senza scadere nel mieloso o nel piagnucoloso. Risparmiando sui dialoghi e concentrandosi maggiormente su volti, sguardi e dettagli, anche della natura, l'autore riesce a fotografare l'innocenza, l'imbarazzo e lo smarrimento dei suoi giovani protagonisti e a rendere l'idea dell'intensità unica del loro particolare rapporto, così come del senso di perdita che segue (Dhont sa anche colpire al cuore con piccoli dettagli come la porta rotta del bagno dove il sucida si era chiuso a chiave o il padre di Rémi che scoppia a piangere a tavola mentre gli altri ragazzi raccontano i loro progetti futuri).
Il film si giova di due performance eccellenti degli esordienti Gustav De Waele e Eden Dambrine (Rémi e Léo), in particolare l'espressivo Eden Dambrine sui cui primi piani Dhont costruisce una parte importante dell'impatto emotivo del film . Molto brava Émilie Dequenne nel ruolo della mamma di Rémi, di cui sa incarnare il dolore con contenuta intensità.
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