Regia di Tarik Saleh vedi scheda film
Torbidi intrighi di potere nella casa della religione musulmana egiziana travagliano l'elezione del nuovo capo supremo, mentre un promettente studente di religione viene utilizzato come pedina nella contrastata elezione del nuovo Imam. Saleh firma un thriller ben contestualizzato e spiazzante che osa mettere in discussione alcun dogmi della chiesa
In Concorso al Festival di Cannes 75, un curioso ed incalzante thriller egiziano che ci fa ritrovare il bravo regista dell’altrettanto teso e concitato Omicidio al Cairo del 2017, ovvero Tarik Saleh.
Adam, figlio di un mite pescatore analfabeta, si distingue per la sua intelligenza e predisposizione a studiare, recitare e contemplare le preghiere del proprio credo religioso musulmano.
Per questo, su interessamento del proprio mentore, il giovane ottiene una borsa di studio che lo conduce sino all’università de Il Cairo, nei pressi della più grande istituzione islamica che accoglie anche il Grande Imam, sorta di papa del credo musulmano.
Ma, proprio in quei giorno il vecchio Imam muore improvvisamente a seguito di un attacco. Il suo successore dovrebbe essere un alto prelato cieco già molto in là con l’età, ma il presidente egiziano gli preferisce un collega più giovane e rampante che gli garantirebbe una maggiore apertura alla separazione tra potere di stato e quello della chiesa.
In mezzo a questa contesa ci scappa un morto che si rivela compagno di studi di Adam. L’uomo viene così coinvolto in una indagine che lo farà divenire collaboratore del misterioso colonnello Ibrahim, tutto proteso a far si che lo stesso Adam indaghi per suo conto, portando alla luce retroscena e segreti in grado di compromettere l’esito della nuova nomina del futuro Imam.
Boy from heaven conferma la felice predisposizione del regista svedese di origini egiziane Tarik Saleh per il thriller. Il cineasta imbastisce con una direzione sapiente e ben organizzata una spy story ben contestualizzata all’interno di un mondo già di per sé quasi impossibile da sondare e indagare senza suscitare strascichi di rilievo con una istituzione religiosa per tradizione suscettibile e poco predisposta ad aprirsi ai cosiddetti ‘infedeli’.
Tra i personaggi coinvolti, oltre alla figura dolente e sacrificale del giovane ingenuo protagonista Adam, è il carismatico colonnello Ibrahim a risaltare su tutti per gli imperscrutabili retroscena che il personaggio sa evocare e cucirsi addosso. Sarà lui l’ uomo da cui finisce per dipendere l’esistenza, già di per sé sacrificale e prepotentemente strumentalizzata, del giovane novizio sopraggiunto in quel luogo di preghiera per nulla esente da vizio e fenomeni di corruzione e circonvenzione.
Interpretato dal bravo attore egiziano naturalizzato svedese Fares Fares, già protagonista del citato e bellissimo Omicidio al Cairo, Boy from heaven è un film coraggioso per il modo in cui riesce a denunciare ipotetiche vergognose manipolazioni che non appaiono per nulla frutto di fantasie da semplice romanzo di spionaggio.
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