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Showing Up

Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film

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La recensione su Showing Up

di alan smithee
9 stelle

Kelly Reichardt torna a riproporci scorci di un'America della periferia, concentrandosi nel mondo dell'arte e dell'ispirazione che vanno conquistate e rimesse in discussione interagendo con una vita reale che non attrae né interessa, e da cui spesso ci si sottrae. Il film va rodato, ma riesce a conquistarsi cuore e sentimento di chi lo affronta.

Michelle Williams

Showing Up (2022): Michelle Williams

FESTIVAL DI CANNES 75 - CONCORSO

Showing up è uno degli ultimi, piccoli e discreti (nel senso di poco appariscenti) film che hanno chiuso la rassegna del Concorso di Cannes 75. La pellicola segna il ritorno in regia della cantrice del cinema indipendente americano: Kelly Reichardt, la regista indipendente delle inquietudini della grande periferia made in Usa.

Cannes 2022 in chiusura Michelle Williams, Kelly Reichardt e altro

Un film intimo in grado di sondare emozioni e turbamenti così privati e nascosti da apparire inaccessibili.

Una pellicola che riflette sulla genesi della creazione artistica e che ha bisogno di un certo tempo per riuscire ad introdursi nell’animo dello spettatore inizialmente un po’ frastornato (per non dire spaesato) da una pluralità di personaggi attorno ai quali non è subito chiaro a chi aggrapparsi. Ma ecco che un piccione imprudente riesce a creare il miracolo e a farci legare a questo piccolo film in modo indissolubile.

La creazione di un’opera, richiede concentrazione, sacrificio e un’ impostazione mentale che consenta all’artista di concentrarsi sul suo pezzo senza eccessive distrazioni.

Ma la vita deve trascorrere, l’esistenza richiede confronti, continui e inevitabili, con persone e contesti che, anche a cercare di evitarli, si presentano dinanzi sbarrando strade occupate da interessi più incipienti.

Lizzie, una giovane scultrice poco nota, sta concentrandosi per mettere a punto le sue ultime creazioni e comporre degnamente la mostra che si terrà nella periferia della città di Portland in cui vive. L’evento rappresenterà, nel bene o nel male, la svolta definitiva per emergere o, al contrario, per decidere di lasciar perdere.

La giovane vive con un gatto rosso, perennemente affamato, in una casa ove crea le sue opere, affannandosi ad ultimarle per l’imminente presentazione ufficiale.

Un po’ preoccupata, ma forse ancor più depressa ed insicura, il giorno in cui un piccione andrà a scontrarsi contro una vetrata di casa propria, infrangendola, ( per poi venir aggredito dal gatto rosso) la vita della giovane  subirà una svolta  positiva, in grado di aprirle la mente verso nuovi orizzonti e nuove sicurezze.

All’ansia per la predisposizione al meglio del vernissage ormai imminente,  insieme alla necessità di doversi confrontare con colleghi ed una famiglia simpaticamente un po’ invadente e molesta,  si aggiungerà la necessità di prendersi cura del povero pennuto rimasto invalido e accuratamente fasciato e bendato dopo l’intervento di un’ operosa vicina di casa.

Uno stress in più che, tuttavia, saprà far trovare a Lizzie la via opportuna per sdrammatizzare e predisporsi al meglio per gestire in modo più fruttuoso quell’ importante occasione di svolta.

Kelly Reichardt ed il suo cinema fieramente indipendente e di periferia, riescono, dopo un inevitabile periodo di rodaggio che richiede almeno un quarto d’ora di necessaria ambientazione, ad accogliere lo spettatore all’interno di un mondo in cui minimalismo e sfumature caratteriali finiscono per divenire una presa di coscienza e  rendere tutto più percettibile ed epidermico.

La Reichardt viviseziona i legami parentali, le famiglie apparentemente unite (ma in realtà così devastate dalla insensibilità e dall’egoismo) così come le amicizie e i legami lavorativi e sceglie un protagonista su cui far ruotare una serie di eventi piccoli, apparentemente insignificanti come la cura di un piccione ferito, per osservare come un piccolo evento possa aiutare a spingere l’individuo a cambiare le proprie aspettative e gli atteggiamenti un po’ rassegnati o poco incisivi che indurrebbero altrimenti a piegarsi su se stessi e a subire come vittime un destino votato a condannare alla mediocrità anche chi vale e possiede i numeri per farsi valere.

Con Showing up la Reichardt si conferma una regista meravigliosa. Con il suo Cinema è  in grado di far entrare lo spettatore a far parte del suo mondo un po’ country, attraverso uno sguardo ossessivamente indipendente e dai tratti nuovamente “mumblecore”. Il personaggio centrale trova, attraverso un piccolo contrattempo apparentemente innocuo, la forza di arrivare a quella svolta che costituisca finalmente la differenza tra oblio predestinato e riscatto a cui non si è mai troppo creduto.

Michelle Williams, splendida e scientemente sottotono, torna, dopo Wendy and Lucy, Meek’s Cutoff,  e Certain women, per la quarta volta a collaborare con la sua regista del cuore, e si rivela magnifica nel suo annientarsi e sottostimarsi, regalando alla sua Lizzie i connotati di un personaggio degno della Mia Farrow piccola e timorosa del miglior Woody Allen degli anni ’80.

 

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