Regia di Luigi Petrini vedi scheda film
Lei ama lei che ama anche lui; messa alle strette, la donna contesa tra uomo e donna decide di uccidere l'uomo. È la fine.
Un sottile refolo di Sessantotto spira in sottofondo, ma a conti fatti La ragazza dalle mani di corallo non è una pellicola né politica, né femminista o tanto meno a favore dell'emancipazione sociale della donna: è un film che cerca più la prurigine dello spettatore che la sua riflessione o presa di coscienza, un lavoro targato Elo Pannacciò (produttore, soggettista e sceneggiatore) affidato alle acerbe mani di Luigi Petrini, regista con poche esperienze e non particolarmente significative. Proprio Petrini è il principale responsabile del fallimento del progetto, d'altronde: certe inquadrature sbilenche (quella di chiusura, tra le fronde, non ha alcun senso – per dire), certi effetti o zoom usati a casaccio, la mancata direzione degli interpreti danno l'idea della scarsa attenzione posta dal regista nel suo lavoro. Gli attori sono all'altezza della situazione: Susanna Levi, Linda Towne, Bernard De Vries, Gianni Dei e Micaela Pignatelli sono i nomi principali sulla locandina, e tanto deve bastare. Fortunatamente la durata è limitata a un'ottantina di minuti; la scelta di girare in bianco e nero è presumibilmente dovuta a motivi economici prima ancora che artistici: ma non è spiacevole, di per sé. Curiosità: da non confondere con La ragazza dalla pelle di corallo, che Osvaldo Civirani girerà cinque anni più tardi. 2/10.
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