Regia di Muye Wen vedi scheda film
UDINE FAR EAST FILM FESTIVAL 24
Nel 2014 il ventenne Jing Hao è giunto a Shenzhen, città in vorticoso sviluppo economico ed edilizio, con una sorellina malata da mantenere e curare, in vista di un'operazione molto costosa che la piccola dovrà affrontare e che è fuori della portata del salario del ragazzo, riparatore di telefoni cellulari. L'intraprendente Jing Hao propone ad un industriale la sua idea di riutilizzo dei cellulari di seconda mano difettosi resi dall'Italia. L'uomo d'affari decide di metterlo alla prova, ma ponendogli un termine e una serie di condizioni per convincerlo che il progetto può essere redditizio. Jing Hao coinvolge un gruppetto di affamati come lui e inizia una corsa contro il tempo e mille intoppi per dimostrare che può farcela.
Il film, il cui titolo originale è molto significativamente “Miracolo”, esalta pertanto il mito del self made man che si afferma lottando con tutte le sue forze all'interno di uno spietato sistema capitalista, raccontato con tutti i cliché del sottogenere che abbiamo già stravisto per decenni in mille film americani, questa volta declinati in sala cinese con dosi ancora più massicce di retorica. Inframezzatati agli sforzi titanici per realizzare il “sogno cinese” alcuni momenti comici, invero molto puerili.
Il regista non lesina certo in enfasi nel calcare la mano sui risvolti emotivi più ovvi, esagerando tutti gli ostacoli incontrati da Jing Hao e dai suoi amici e facendo ampio abuso di musiche enfatiche a sottolineare i momenti topici delle difficoltà superate con determinazione e dell'immancabile trionfo finale, ove una carrellata di tutti i personaggi principali mostra i loro successi professionali e familiari, per esaltare ancora più gli spiriti verso le mirabili sorti dell'economia e della società cinesi.
Il film non è girato male, ma è evidente che la finalità di propaganda ha spinto sull’acceleratore del enfasi e della retorica per acchiappare facili consensi tra il grande pubblico in patria, riuscendoci pure con quello, che ci saremmo aspettati essere più smaliziato, del Far East Film Festival, almeno a giudicare dai calorosi applausi a fine proiezione.
Mi colpisce che in un film finalizzato alla propaganda filo-governativa si mostri invece senza alcuna problematica che una bambina malata nella Cina di oggi ha bisogno di molti soldi per potersi curare, come se un sistema che si definisce comunista non avesse alcun interesse a mostrare all'opinione pubblica che garantisce assistenza sanitaria ai meno abbienti: invece il messaggio è completamente teso all'esaltazione dell'ipercompetizione capitalista per conseguire il massimo sviluppo economico.
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