Regia di Dean Fleischer-Camp vedi scheda film
La conchiglia più dolce e bizzarra di internet arriva al cinema!
Nato nel 2010 sul canale YouTube del regista Dean Fleischer Camp, il personaggio di Marcel the Shell è divenuto noto durante lo scorso decennio per via della tenerezza che è sempre riuscito a scaturire in - quasi - chiunque. Gli elementi che ne hanno caratterizzato la notorietà sono in primis la voce spezzata e flebile di Jenny Slate, i discorsi tanto spiccioli quanto ironici della conchiglia (per propria natura grottesca, eppure compassionevole) e un'atmosfera sospesa e sconsolata (specialmente nel terzo corto) degna dei lavori meno pretenziosi di Don Hertzfeldt e della "comicità esistenzialista" della Adult Swim (che infatti promuoverà negli anni Fleischer Camp). La qualità lo-fi, l'impostazione della regia a metà tra intervista e documentario e l'estetica bizzarra di Marcel creano di fatto - con soli tre video di pochi minuti pubblicati in cinque anni - un fenomeno di internet che era ovvio dovesse evolvere in qualcosa di più strutturato.
Infatti, proprio prima dell'inizio della pandemia, Fleischer Camp e la compagna Jenny Slate possono finalmente cominciare i lavori per poter proporre la conchiglia sul grande schermo. Dopo quasi due anni di sforzi, Marcel the Shell with Shoes On (2021) riesce a uscire negli USA, e la ricezione risulta a dir poco straordinaria. Il film è un falso documentario (mockumentary) interpretato da Marcel e dallo stesso regista, che nella sua opera prima cinematografica interpreta proprio chi, per compassione, decide di far scoprire al mondo intero la conchiglia. Marcel vuole cercare la sua famiglia, la sua comunità, e attraverso i media e i social media forse riuscirà a trovarla.
Marcel the Shell with Shoes On non eccelle nella tecnica, uno squisito - seppur affatto originale o particolarmente ispirato - ibrido tra stop-motion e live-action gestito ottimamente dallo staff grazie alla definizione dei modelli (le conchiglie) e grazie a una fotografia alquanto asettica, perfetta per un catalogo Ikea.
E' invece nella trama, nella morale del racconto, nei discorsi strampalati ma sinceri di Marcel che l'opera ripone i suoi punti forti e focali. La ricerca del protagonista, guidata da un vuoto esistenziale che ne logora l'animo, riesce a trasmettere quanto sia essenziale per - a quanto pare - non solo gli esseri umani sentirsi accolti in una comunità, in una collettività vicina che riesca a far sentire chi vi fa parte nel mezzo di un "centro di gravità permanente". La salute di un individuo, dopotutto, si misura anche cercando di comprendere quali siano i suoi legami e se tali lo rendono felice. Il film, accompagnato da una buona colonna sonora ambient - dai toni esotici alla Michael Land - di Disasterpeace (FEZ, It Follows), conferma dunque un buon equilibrio tra la sincera commozione di Una Storia Vera (1999) di David Lynch e la retorica che, nella maggior parte dei casi, sta sempre alla base di operazioni come questa, tramite le quali si vuole "imporre la lacrima". Marcel the Shell è un ottimo compromesso e, nonostante punti dritto al cuore più che al cervello, si presenta come genuinamente emozionante poiché tocca argomenti davvero universali - che non a caso trascendono anche la nostra specie.
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