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Truly Human

Regia di Åke Sandgren vedi scheda film

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La recensione su Truly Human

di leporello
9 stelle

   Lisa è una bimba di sette anni, parla e si confronta con un suo amico immaginario che vive celato dietro la carta da parati nel muro della sua cameretta. I suoi genitori, due giovani borghesi rampanti troppo presi dai loro affari per curarsi a sufficienza della figliola, naturalmente considerano questa abitudine la classica, sciocca fantasia da bambina e non danno a ciò alcun peso.  Ma dopo un tragico incidente d’auto dal quale i due genitori escono illesi mentre la figlia perde la vita, Lisa, divenuta un Angelo (anzi: una Fata) può finalmente incontrare il suo amico immaginario al quale indica la via per diventare “Un Vero Essere Umano” (da cui il titolo del film) prima di salutarlo definitivamente. “P” (così viene lapidariamente chiamato il personaggio nei crediti del film, ma non avrà mai un vero nome) è in realtà il fratello maggiore di Lisa, mai nato a causa dell’aborto che fu praticato a suo tempo dalla madre: “Papà” e “Mamma” sono significativamente  le prime due parole che impara e (sorridendo) pronuncia una volta che si vede precipitato nel mondo reale, dopo che la casa nella quale era rimasto silenziosamente intrappolato per anni viene demolita nell’ambito di una (umana, molto umana...) ristrutturazione urbanistica.

 

    “Et Rigtigt Menneske” (questo il titolo originale, corrispondente in danese) è un film che, guardato oggi dopo oltre vent’anni dalla sua uscita (fu anche premiato nel 2001 al Festival di Torino) appare senz’altro molto coraggioso. La tematica dell’aborto ha perso tutto il suo smalto dopo aver acceso animi e coscienze negli ultimi decenni del secolo scorso (il famoso referendum in Italia è del 1981) ed essersi praticamente assestata sull’idea che abortire sia un diritto definitivamente acquisito, casomai da estendere ed ampliare (è notizia di questi giorni che, in non ricordo quale stato degli USA, si sta pensando di includere tra i casi di aborto anche la soppressione di un neonato fino all’età di tre mesi). Anche il cinema credo che abbia praticamente spento i suoi riflettori sull’argomento: per quel che la mia non così assidua frequentazione mi permette di ricordare, credo che l’ultima volta che se ne sia occupato potendo contare su una discreta risonanza e di un buon livello autoriale, sia la Palma d’Oro di Cannes del 2007 “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni”, uno straordinario quanto spiazzante film del rumeno Cristian Mungiu.

 

    Åke Sandgren, regista di nascita svedese classe 1951, ottimo interprete/testimone della “Scuola Zentropa”, in perfetto stile “Dogma” con questo film parla senza mezzi termini e senza peli sulla lingua (diversamente dal Mungiu che proponeva il tutto a tutto tondo, mettendo così in imbarazzo contemporaneamente tutte le possibili posizioni): “P” è vittima innocente, è vita negata, è l’occasione unica che non potrà mai ripresentarsi, è l’alieno suo malgrado, l’orfano alla radice,  il bambino al quale nessuno ha insegnato nulla e che ora, solo al mondo, pur con gaiezza e armato di un sorriso irresistibile (quello di un davvero irresistibile Nikolaj Lie Kaas), da solo, del mondo, deve (e vuole, e finalmente può) attraversarne dolori, magnificenze, bassezze e splendori, e soprattutto Umanità. Umanità e magia, Magia nel senso nobile del termine, nel senso che la piccola Lisa (a mio parere la vera protagonista del film anche se appare solo per poche sequenze) sa dare, e che anche Åke Sandgren riesce a dare con determinata semplicità e schiettezza, firmando una regia ed una sceneggiatura che (se avrete modo e tempo di vedere il film) saprà sorprendervi quanto meno in un finale (del quale nulla dico) veramente, veramente lieto ogni oltre limite Umano.

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