Regia di Chris Williams vedi scheda film
The Sea Beast (in originale) è l’ultima opera in CGI di Netflix prima che questi chiudesse il reparto animazione a causa del taglio dei costi affidandone le sorti al regista Chris Williams, veterano dell’animazione proveniente dalla fucina Disney e autore anche della sceneggiatura insieme a Nell Benjamin.
Esperienza che ha permesso alla pellicola uno standard in linea con la tendenza generale, ovvero tecnicamente eccellente e con diversi chiave di lettura senza che questi disturbino la godibilità della pellicola, un approccio più adulto e meno edulcorato alla storia che attinge a piene mani da immaginario fiabeschi o dalla (secolare) letteratura di mare per creare un universo narrativo ricco di suggestioni (non sempre soddisfatte) e d’intrattenimento (con qualche caduta a vuoto).
Ma è altrettanto vero che molte delle scelte narrative risentano della difficoltà di scrollarsi di dosso proprio quei riferimenti (e di quell’eredità Disney) di cui si nutre così avidamente, impedendogli però di trovare una propria indipendenza, una sua anima.
Perché nel film si vedono troppe “altre” cose, perdendo quindi di "vera" autenticità.
A partire da uno stile, tendente comunque al realismo, di matrice smaccatamente Dreamworks e, a riguardo, non mancano echi a uno dei loro prodotti di maggior successo, Dragon Trainer (di cui, forse non a caso, condivide il produttore Jed Schlanger e soprattutto il direttore artistico Woonyoung Jung), sia a livello narrativo (i cacciatori al posto dei vichinghi e le creature marine in funzione dei draghi) che animato (con la Furia Rossa davvero troppo simile a Sdentato).
Ma non mancano anche le influenze dai classici della letteratura (Moby Dick) come anche in ambito cinematografico (I Pirati dei Caraibi e Master & Commander), con citazioni direttamente da King Kong come anche da I Predatori dell’Arca Perduta, i film di Simbad o da Scontri di Titani.
Tecnicamente inappuntabile per la precisione con cui vengono riprodotti gli elementi, dall’acqua alla sabbia, e come questi e la luce interagiscono con la scenografia e i personaggi, con una messa in scena attenta nelle scelte fotografiche e cromatiche e alla valorizzazione dell’immagine e per come si innesta nel racconto, splendidamente accompagnati dall’ottima colonna sonora di Mark Mancina..
E se il film, nonostante soffra di eccessiva dipendenza da altre pellicole, immagini e/o riferimenti vari, risulti comunque un perfetto film d’intrattenimento moderno, sia nell’ampliare i confini tecnici dell’animazione che nell’affrontare temi moolto contemporanei, tra un’ode all’accettazione e una alla compressione, all’amicizia e all’affetto paterno (rigorosamente non lineare) con incoraggiamenti allo sfidare le regole quando queste proteggono un sistema sbagliato e nel credere in se stessi e nelle proprie idee, Il Mostro dei Mari sembra comunque muoversi superficialmente, offrendo sì un messaggio importante ma anche in modo troppo didascalico, per un prodotto destinato essenzialmente a un pubblico molto giovane ma anche troppo prevedibile sia nella trama che nella messa in scena e senza quel quid che riesca a elevarlo a un un livello superiore.
VOTO: 6
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta