Regia di John Milius vedi scheda film
La storia del gangster John Dillinger (Warren Oates) narrata dalla voce del suo più grande avversario, l'agente dell'F.B.I. Melvin Purvis (Ben Johnson). In realtà il film di Milius racconta gli anni salienti della carriera criminale di Dillinger, gli anni della grande depressione, quel pezzo di vita e di storia compreso tra il 1933 e il 1934. Un film a suo modo duro, girato intorno a personaggi carismatici, due perfetti opposti, Dillinger e Purvis, che molto spesso invece di sembrare le due facce della stessa medaglia (bene/male) sembrano la stessa faccia di due medaglie diverse (la stessa violenza al servizio della legge e quella anarchica). Una mimesi quasi perfetta da parte di Oates che sembra il vero Dillinger, una prova superba fatta di sguardi e gesti da parte di Johnson, un tipaccio sulla cui strada non ti vorresti mai mettere (e lui dovrebbe essere quello buono). E poi quell'estetica così '70, quella luce, quell'asciuttezza di sguardo che (mi) fa impazzire. La vicenda di Dillinger è narrata in maniera frammentaria, quasi come un'episodio fosse incollato all'altro, la visione del regista è asciutta, non ammantata dall'epica malavitosa inscenata da altri registi statunitensi. Duro, diretto, inframmezzato da cinegiornali d'epoca, poco romanzato. Insieme a Dillinger, uno dei più celebri rapinatori di banca della sua epoca, il resto della cricca, la compagna Billie (Michelle Phillips), un giovane e violento Richard Dreyfuss nelle vesti di Baby Face Nelson, l'altrettanto noto alla giustizia Pretty Boy Floyd (Steve Kanaly), e ancora Homer Van Meter (Harry Dean Stanton). L'approccio scelto dal regista per narrare questa storia rende la pellicola un lavoro che si fatica a definire avvincente, coinvolgente nell'accezione più classica di questi termini. Un film ben girato che ripropone un'epoca di contrasti che hanno tenuto banco sulla stampa, sulla bocca dell'opinione pubblica, i contrasti tra la banda di John Dillinger e i G-Men di Purvis, un contrasto divenuto presto sfida personale che in maniera inevitabile non poteva che sciogliersi nel sangue.
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