Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
È finalmente arrivato nelle sale l'ultimo lungometraggio di Hayao Miyazaki, dal titolo internazionale "The boy and the heron" (anche se all'inizio era stato annunciato come "How do you live"), che ha richiesto una lavorazione di circa dieci anni e che dovrebbe essere la sua opera testamentaria (ma mai dire mai). Il giovane Mahito, profondamente turbato dalla recente morte della madre, si trova a vivere col padre e la sua nuova sposa in un Giappone sconvolto dagli attacchi militari durante la Seconda guerra mondiale, ma quando la nuova mamma scompare, decide di intraprendere una sorta di viaggio iniziatico in una realtà parallela per salvarla, affrontando molti pericoli. Il film si direbbe opera complessa, che necessita di un apposito background di visioni di precedenti opere del regista per essere compreso a fondo, poiché Miyazaki volutamente lo cosparge di riferimenti visivi e concettuali ai suoi film più famosi, in particolare "La città incantata", ma sicuramente anche altri, e non lesina riferimenti alti, in particolare il Dante della Divina commedia, esplicitamente citata. Tecnicamente di alto livello, non ne ho alcun dubbio, con un disegno che rifugge da certe leziosità e banalità hollywoodiane per scegliere un realismo fantastico e metaforico molto più enigmatico e allusivo, popolato di figure di animali che in certi momenti fanno pensare ad Alice nel paese delle meraviglie, ma con una dimensione allegorica molto più marcata. Spettacolare l'impatto delle immagini e di un montaggio che coordina con intelligenza i diversi piani del racconto, ma il sospetto di un eccesso di intellettualismo e di un voler complicare ad arte quello che avrebbe potuto essere più lineare e dunque più comprensibile stavolta rimane, tanto che tutto si direbbe, tranne che una visione adatta all'infanzia. Nella ricerca di Natsuko, la seconda madre, Mahito incontra ad esempio la versione bambina della sua stessa madre, ma alcuni nessi causali del racconto sfuggono e si fanno oscuri per lo spettatore poco avveduto che non ha fatto un ripasso adeguato del Miyazaki precedente; resta la forza emotiva di molte sequenze, il corredo musicale come sempre insostituibile del fidato Joe Hisaishi, il fascino cromatico tridimensionale dei disegni del Maestro, che sente di avvicinarsi al tramonto dell'esistenza e ci propone una riflessione disincantata, ma comunque poetica.
Voto 8/10
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