Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
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1944, terzo anno della Guerra del Pacifico. Le sirene si alzano di notte su Tokyo: un bombardamento ha causato un incendio all'ospedale dove lavora la madre di Mahito; e dove anche muore. L'anno successivo, il padre decide di portalo via con sé: alla stazione di Saginuma, lo affida ad una donna identica alla madre di nome Natsuko, la quale gli dice di averlo già visto da bambino, lo avvisa che sarà lei ora la sua nuova madre, e portandosi una sua mano alla pancia lo informa che a breve avrà anche un fratellino. I due viaggiano verso una tenuta enorme che sarà la sua nuova casa, dove il benvenuto glielo danno prima sette vecchiette chiacchierone, poi un airone cenerino che a sua volta lo conduce presso una torre disabitata, con sassi che ne occludono l'entrata e rampicanti incolti sui muri. Mentre Natsuko lo ammonisce di non tornare in quel posto, dove un suo prozio sparì misteriosamente, l'airone si fa via via più insistente, e prende a rivolgersi a lui con le parole che lui, in sogno, ha sentito pronunciare dalla defunta madre: «Mahito, salvami!».
Quando l'airone inizia a parlare, la storia contenuta nel dodicesimo lungometraggio di Miyazaki inizia a lasciare progressivamente il terreno del realismo per intraprendere, in maniera via via più netta, il percorso a lui probabilmente più congeniale: quello che porta all'interno di mondo fantastico nel quale la realtà e la fantasia si fondono e diventano un tutt'uno, nel quale stupirsi diventa la norma ed abbandonarsi è un piacere, nel quale è possibile spostarsi nel tempo attraverso le porte di un corridoio, nel quale la vita, la morte e i rapporti tra le specie seguono dinamiche mutevoli, nel quale i pappagalli parrocchetti mangiano gli elefanti e nel quale gli uomini possono discendere da buffi palloncini bianchi con occhi e bocca e arti accennati chiamati warawara, che si nutrono di interiora di scorfano ma devono guardarsi dai pellicani.
Tutto questo, senza che nulla sembri mai eccessivo o 'incredibile', anzi suggerendo che, complice la presenza di tratti autobiografici (il padre del protagonista, come quello del regista, costruisce aerei per l'esercito), nel corto circuito immaginifico intitolato Il ragazzo e l'airone, Miyazaki abbia in qualche modo voluto chiudere un cerchio e far incontrare il sé fanciullo idealista con il sé anziano, saggio e preoccupato per il destino del pianeta.
L'Hayao Miyazaki che, settantaduenne, nel 2013 aveva annunciato il proprio addio al cinema motivando la decisione con il troppo tempo richiesto - dato il suo perfezionismo - per la realizzazione di ogni singolo lungometraggio, e dicendo di non avere più l'età per ingobbirsi a disegnare, dieci anni dopo, ad 82 suonati, ha smentito sé stesso presentando l'ennesimo gioiello di animazione, in seguito ad una gestazione durata sette.
La speranza, è che non perda tempo in ulteriori minacce, ma trovi la forza e la voglia per ingobbirsi ancora: d'altronde, ci si può sempre aiutare con tavoli reclinabili...
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