Regia di John Woo vedi scheda film
Cosa si vuol dire di più su John Woo? Maestro assoluto. E Bullet in the Head rappresenta l’apice della sua arte cinematografica al pari di The Killer, questi due seguiti a stretto giro da La Battaglia dei Tre Regni, Face/Off, Hard Boiled. Lista, di per sé stessa, impressionante.
Dalla genesi alquanto travagliata (è stato lo stesso regista, pare, ad istituire un parallelo con le alterne vicende concernenti la lavorazione di Apocalypse Now), Bullet in the Head è un capolavoro che – come in precedenza – sotto alla scorza del “rude” film d’azione cela molto di più, una visione del mondo, dell’animo umano e dell’abisso della guerra tremendamente realistica e, proprio per questo, profondamente destabilizzante.
Non si fanno sconti, insomma. La ferocia è sempre dietro l’angolo, l’esistenza sempre a rischio di sprofondare nella tragedia, anche (soprattutto?) per la insopprimibile sete di potere dell’uomo, per quella brutalità scatenantisi in tutta la propria “primitiva” fragorosa irruenza specialmente nell’inferno del conflitto.
Tetro, cupo, disperato, si tratta del racconto di un’amicizia (tema ricorrente nella filmografia di Woo) che tuttavia abbandona i canoni e gli stilemi “astratti” e stilizzati di The Killer per calarsi nella bolgia del quotidiano, del reale, per approcciarsi ad una narrazione decisamente più verosimile, disillusa e “spietata” (un esempio: una certa sequenza presenta ovvi echi degli eventi occorsi a piazza Tiananmen).
Prende senza dubbio spunto da Il cacciatore – nella struttura così come nell’indimenticabile quanto tremenda sequenza della roulette russa, la quale, rispetto al modello americano, al dunque si sviluppa in modi molto più agghiaccianti e imprevedibili – ma al contempo sviluppa una poetica sua propria, appunto imperniata sul nodo dell’amicizia virile che verrà, nel corso della proiezione, sottoposta a grandissime e gravose prove, esposta alle avversità di un mondo oppressivo e repressivo, grigio e disumano entro il quale è sin troppo facile finire per perdere la propria, di umanità.
Anche se la speranza, come si suol dire, è sempre l’ultima a morire, in questo film Woo fa mostra in alcuni momenti di un pessimismo non altrettanto marcato nei suoi film precedenti e successivi, un drastico pessimismo indice di un mondo capace di distruggere finanche i legami più solidi e di disfare le personalità persino più integerrime, sprofondandole nell’abbruttimento e nella follia.
Forse persino migliore di The Killer, Bullet in the Head risulta essere però, di conseguenza, un film molto diverso e pertanto a fatica paragonabile, un film sicuramente più radicale e violento, commovente e lancinante, tematicamente più complesso, nonché ricco di trascinanti sequenze d’azione, come sempre di eccezionale fattura (oltre a quelle già citate, impossibile non richiamare quella finale, un inseguimento a perdifiato che si conclude in uno dei finali più sensazionali di tutta la filmografia di Woo).
Può risultare un poco ostico ad una prima visione, ma rimane un film da vedere, che certo riuscirà a farsi apprezzare anche dagli spettatori più esigenti e che magari non gradiscano di norma l’action hongkonghese. Prodotto, montato (con D. Wu), scritto (con J. Chun e P. Leung), e ovviamente diretto dal grande regista, forse anche a causa della sua natura, non ottiene un gigantesco successo di pubblico.
Ne esistono svariate versioni. Un primo montaggio della durata di oltre tre ore venne sottoposto ad una decisa sforbiciatura al fine di renderlo più facilmente commercializzabile, tuttavia in seguito gli stessi distributori (per motivi di censura) provvidero scelleratamente a tagliare ulteriori consistenti fette del film (fino ad assurdi di oltre 40 minuti di tagli). Ad oggi, la versione più completa rintracciabile ha una durata di 136’.
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