Regia di Rainer Werner Fassbinder, Michael Fengler vedi scheda film
Questo fondamentalmente non-antipatico signor R. (definirlo simpatico è un po' eccessivo) vive una non-vita di relazioni superficiali (non-relazioni) che a tutti gli effetti non manda giù senza rammarico (o non-piacere, se si preferisce). La morte è la sua scelta per sfuggire da tanto sfacelo (meglio: da tanto non-appagamento, tanta non-passione, tanta non-soddisfazione) e realizza il non-senso della sua stessa vita, nonchè di quella dei suoi cari. Un film - a questo punto è evidente - di negazione, farcito di dialoghi non sempre utili al fine narrativo e che pertanto risulta spesso prolisso o noioso; luci forti, scene minime (un salotto, una cucina, un ufficio), debiti godardiani fin dalla titolazione fastidiosamente cubitale. In sostanza tenendo solo gli ultimi venti minuti sarebbe un bel corto. R. come K. (Kafka come Rainer Fassbinder)? Forse l'unico elemento kafkiano nel film è l'imprevedibile ed estrema follia umana.
Il progettista Raab ha una bella moglie, un bambino e dei colleghi simpatici. Vive una vita piattamente normale. Una sera, nel salotto di casa, mentre la moglie chiacchiera con la vicina di casa, prende un candelabro ed uccide le due donne a colpi sul cranio; poi va in camera da letto a fare lo stesso con il proprio figlio. Al mattino seguente si suicida nel bagno dell'ufficio, quando la polizia viene ad interrogarlo.
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