Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Il manifesto minimalista del pensiero di Fassbinder. La sua concezione della realtà cinematografica risente fortemente della sua inclinazione artistica per il teatro, attivamente coltivata nei primi anni della sua carriera: la storia, sul set come sul palco, vive fondamentalmente all’interno dello spazio scenico delimitato dai personaggi. Tutto il resto fa da sfondo, ed appare come dipinto su un pannello inerte ed immutabile che circonda l’azione senza parteciparvi in alcun modo. A fare la storia, in questo film, è unicamente la configurazione dei legami che intercorrono tra i tre protagonisti: è la geometria variabile determinata dai rapporti di amore/odio, fiducia/diffidenza a costituire la struttura portante del racconto, e non solo. L’intera anima letteraria risulta, infatti, ridotta ad uno scheletro di relazioni, in cui il sentimento non si riveste più di slancio passionale, né di calore umano, ma rimane allo stadio puramente concettuale, come una freccia logica che unisce o avvicina, puntando in questa o in quella direzione. Fassbinder fa muovere e parlare i personaggi solo quel tanto che basta a costruire intorno a loro l’ossatura di quella capsula che li isola dal resto del mondo, dando senso compiuto al loro microcosmo. Particolarmente rappresentativa di questo principio è la sequenza che ritrae Bruno e Joanna al supermercato: l’ambiente circostante è un anonimo quadro popolato di scaffali, commessi e clienti, e spetta quindi all’uomo ed alla donna il potere esclusivo di far accadere qualcosa, trasformando una breve passeggiata col carrello in un significativo episodio della loro peculiare avventura a due. Come i gesti definiscono i ruoli ed i caratteri, così i dialoghi definiscono le ragioni: in questa prospettiva, la più naturale reazione ad uno schiaffo è allora, semplicemente, la legittima richiesta di un perché chiarificatore. In questa gangster story con ménage à trois, il dramma sentimentale perde la tipica morbidezza dei suoi accenti, ed il noir l’umido e nebbioso fascino dei bassifondi, per restituire solo l’essenziale freddezza del substrato di calcolo, complotti e sotterfugi che costituisce la nuda cerebralità dell’esistenza.
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