Regia di Kimble Rendall vedi scheda film
Alcuni studenti australiani decidono di portare a termine un film dell’orrore su cui pesa una maledizione. La regista venne infatti massacrata durante le riprese, e da allora ad ogni proiezione qualcuno ci lascia la pelle. Non contenti, i giovani cinefili richiamano sul set l’antica protagonista, che ha voglia di chiudere i conti con i fantasmi del passato. Ennesimo slasher metacinematografico fatto di film, nel film, nel film… Uff! “Cut” è la riprova dei danni fatti dalla serie di “Scream”. Va bene la consapevolezza del genere, ma adesso si esagera, e soprattutto si sprofonda nella noia. L’unico sforzo delle sceneggiature di questo tipo è di inventarsi nuovi modi per uccidere all’arma bianca. Dopo un po’, però, anche questo gioco si fa ripetitivo, i colpi di scena scontati, gli esiti degli intrecci drammaticamente prevedibili. Ma “Cut” offre allo spettatore un motivo di biasimo in più, visto che il serial killer armato di cesoie è di fatto “provocato” dalla visione dei film horror. Sarà vero che la violenza della realtà deriva da quella della finzione, sembrano dirci gli autori? L’unica cosa che da queste parti fa paura è proprio questo bieco (e speriamo inconsapevole) moralismo.
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