La recensione su Ant-Man and the Wasp: Quantumania

Ant-Man and the Wasp: Quantumania, ovvero il trentunesimo lungometraggio del Marvel Cinematic Universe, il primo capitolo della Fase 5 e il peggior film sull'uomo-formica.

Ant-Man and the Wasp: Quantumania (2023): locandina

Dopo una quarta fase a dir poco disastrosa per l'universo Marvel, costellata di titoli insignificanti ("Black Widow", "Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli"), mal gestiti ("Eternals", "Thor: Love and Thunder") e costruiti ad hoc solo per i fan ("Spider-Man: No Way Home", "Doctor Strange nel multiverso della follia", "Black Panther: Wakanda forever"), Quantumania sembrava potersi ergere a segnale di ripresa visto il ritorno alla regia di Peyton Reed, che aveva reso i primi due Ant-Man delle pellicole di successo sia in termini di critica che di pubblico. Purtroppo chiunque sperasse nel ritorno al cinecomic di qualità dovrà presto ricredersi una volta visionato il film, che si presenta agli occhi dello spettatore come un prodotto di bassa qualità, capace di deludere gli appassionati e il pubblico della domenica allo stesso tempo.

Ant-Man and the Wasp: Quantumania (2023): Paul Rudd, Jonathan Majors

Intrappolati a seguito di un incidente nel Regno Quantico, Scott Lang (alias Ant-Man) e la sua famiglia saranno costretti a confrontarsi con l'inospitale realtà subatomica (modellata per altro su un'estetica in stile Star Wars) e con un crudele tiranno che sembra conoscere ogni segreto del tempo: Kang il Conquistatore.

Ora, la trama non si discosta di molto dalle aspettative ma la sceneggiatura che dovrebbe reggere l'opera pecca troppo spesso di scarsa credibilità, rifiutandosi di fornire adeguate spiegazioni a domande cruciali per la comprensione degli eventi. Ciò si traduce in un vagabondare incredulo in un mondo dove tutto sembra ai limiti del plausibile, complice il delirio audiovisivo di certe scelte di regia che, forte di un budget di 200 milioni di dollari, mette in scena assurdità in computer grafica che anziché tensione o meraviglia strappano solo risate, uccidendo così dramma e pathos. A nulla servono poi i nuovi personaggi che Quantumania introduce accanto al cast storico, vuoi perchè sono sacrificabili, vuoi perchè sono poco approfonditi. Unica eccezione in tal senso è lo stesso Kang che, interpretato da un Jonathan Majors perfettamente in battuta, intende porsi come il nuovo villain dei film futuri già annunciati.

Stendiamo infine un velo pietoso su Cassie Lang, figlia del supereroe, la cui voglia di mettersi in gioco sfocia in un rapporto pseudo-conflittuale con il genitore che starebbe bene sì e no in una telenovela di serie z. 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania (2023): Kathryn Newton, Jonathan Majors

Al di là di tutto questo, il vero problema che affligge Quantumania è la sua volontà di non osare, il rifiuto di proporre qualcosa di nuovo che si distacchi dalle certezze accumulate in anni di successi garantiti da formule narrative e visive troppo statiche ma a quanto pare sufficienti a portare in sala migliaia di spettatori paganti. Sentimenti complessi quali la vendetta, il conflitto interiore, la rivalità, il rimpianto qui sono semplicemente spazzati via da una comicità fin troppo presente, coadiuvata da una divisione buono-cattivo eccessivamente marcata che non permette alla suspense di fare la sua entrata e che conduce a un esito decisamente prevedibile.

Constatato l'insuccesso dell'opera, non resta che sperare di veder tornare il nostro supereroe di San Francisco in un sequel o in uno dei film Marvel che verranno, ma se ciò dovesse accadere, vorremmo che sia fatto con giudizio, non come questa volta.