Regia di Peyton Reed vedi scheda film
Dopo qualche anno passato a sperimentare tra cinema e TV, il MCU entra nel vivo della sua quinta fase, la seconda di tre della cosiddetta Saga del Multiverso, con il suo 30° lungometraggio e lo fa attraverso un eroe tra i più improbabile tra quelli creati dalla casa delle Idee.
Un eroe di così basso profilo che sembrava quasi una scommessa persa in partenza ma che invece, con mia sorpresa, è diventato uno dei più amati dal pubblico grazie (soprattutto) al talento e alla verve ironica di Paul Rudd e (anche) alle atmosfere intime e familiari di due film che si sono in realtà rivelate più delle commedie che non dei cinecomics.
"Anche le formiche nel loro piccolo..."
Alla regia di questo Ant-Man and the Wasp: Quantumania ritroviamo ancora Peyton Reed, già autore delle due precedenti pellicole, mentre la sceneggiatura è passata da Chris McKenna a Jeff Loveness (autore di fumetti, nello script-room del Jimmy Kimmel Live! e della serie Rick & Morty e ora al lavoro sul prossimo progetto Marvel Studios di The Kang Dynasty) che è riuscito a conservare (quasi) intatto sia il tipico umorismo della serie che il focus sulle dinamiche familiari se non (ri)adattatandole a un contesto molto più grande (o molto più piccolo?).
Di fatto l’intera trilogia di Ant-man è prima di tutto un racconto sulla famiglia (disgregata prima, poi disfunzionale e infine allargata) ed è sempre più evidente di come i Marvel Studios stiano dando sempre più importanza ai rapporti familiari (in questo caso il rapporto tra Scott e la figlia Cassie che lui ritrova adolescente all’improvviso ma anche tra Hope e la madre Janet per trent’anni rimasta bloccata nel Regno Quantico) e/o alle nuove generazioni.
E almeno all’inizio questa commedia famigliare/sentimentale viene riproposta tale e quale e si ha davvero l’impressione di un Ant-Man “vecchia maniera” ma che si perde quasi subito quando i suoi protagonisti finiscono intrappolati nel Regno Quantico in una subatomica avventura psichedelica tra conquistatori con sete di vendetta e strani mondi alieni.
A quel punto la pellicola prende una strada completamente diversa, cercando insistentemente l’azione, il combattimento epocale e/o la spettacolarità esagerata già adottata in altre pellicole del MCU trascinando il suo protagonista in un’avventura più grande di lui.
Il risultato è una pellicola a metà tra Ant-Man e The Avengers e una sorta di trip lisergico o “luna park” psichedelico che attinge a piene mani all’immaginario di classici sci-fi come Barbarella e Flash Gordon (soprattutto) ma anche alla fantascienza anni'40 e '50, ai romanzi di Jules Verne e di Edgar Rice Burroughs (creatore di Tarzan ma anche autore di John Carter di Marte) o alle illustrazioni della rivista anni’80 Heavy Metal. O alla stessa Disney (vedi il recentissimo Strange World).
“Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi” Eraclito
Ma pur risultando figlio di un eccessivo collage citazionista e alquanto derivativo dell’immaginario cosmico del medesimo MCU, il regista riesce comunque a creare scenari e creature suggestive ammantate però da una strampalata stravaganza, evidentemente cercata, che ne accentua ulteriormente la sua componente più leggera mentre invece quello che sembra mancare è una storia che riesca davvero a sfruttarla al meglio, approfondendone l’aspetto narrativo e non usandola soltanto come mero scenario per lo scontro in una narrazione classica ma mai davvero sorprendente o caratterizzata in maniera veramente interessante.
Quantumania fa quello che deve fare anche con una certa solidità ma senza mai rischiare più del necessario (un difetto già presente nelle due precedenti pellicole), puntando essenzialmente (esclusivamente?) sull’approfondimento dei suoi protagonisti, sull’evoluzione del percorso supereroistico di Scott e del suo rapporto con la figlia Cassie che sono poi il vero (e unico?) centro della vicenda.
In questo senso Quantumania è un film che può spiazzare il pubblico proprio perchè promette (involontariamente o incautamente?) un’enorme avventura in stile Avengers per poi invece rimanere (intenzionalmente?) fortemente ancorato (per sua stessa natura o per incapacità degli autori? Non l’ho ancora capito..) al suo “focus” più intimo e personale creando l’impressione, e non soltanto narrativamente per la brusca (!) virata sull’action, che qualcosa non torna a prescindere, che qualcosa sia comunque fuori fase (5).
Ma il primo film della Fase 5 (!) ha comunque il merito di portare sul grande schermo Kang Il Conquistatore, destinato a essere l’antagonista principale di questa nuova Saga dell’Infinito. Già apparso nella sua variante di Colui che rimane nel finale di Loki su Disney Plus (serie importante per inquadrare bene gli eventi di Quantunmania), il pittoresco signore della Sacra Linea Temporale lascia qui il posto a una sua versione quasi onnipotente, più rancoroso e spietato, inquietante ma anche compassato grazie al talento di Jonathan Majors che regala al suo Kang gravitas e solennità insieme a un’inclinazione passiva/aggressiva che conquista.
Tornano invece il sempre ottimo Paul Rudd, Evangeline Lilly e la coppia Michael Douglas & Michelle Pfeiffer mentre la new entry Kathryn Newton interpreta la nuova Cassie Lang, ritorna anche dalla prima pellicola Corey Stoll nel nuovo ruolo di MODOK (probabilmente il personaggio scritto più "sbagliato" dell’intero MCU).
Nel cast poi spicca anche Bill Murray (più che altro per i pochissimi minuti in scena) e la volitiva Katy O’Brian, leader della fazione ribelle dall’aspetto molto LGBTQIA+, seguiti poi da David Dastmalchian, William Jackson Harper e Tony McCarthy.
VOTO: 6,5
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