Regia di Chad Stahelski vedi scheda film
Per favore basta!
Leggo robe strabilianti riguardo l’ultimo capitolo del nostro tormentato John Wick, e davvero non mi capacito. Addirittura un “Travolti dallo stupore” tra i sostenitori di FilmTv più sfegatati, probabilmente allucinati dai fumetti di Diabolik.
Già basito dal penultimo capitolo cerco di capire quali spudorati limiti possa superare stavolta, e resto allibito, la maltrattatissima “sospensione dell’incredulità” viene vituperata indegnamente. Si parte con John che insegue a cavallo tre cavalieri della Tavola sparando a casaccio e ogni tanto ne cade giù uno, il terzo, guarda un po’, dopo corse a perdifiato (dei cavalli), rimane colpito a morte esattamente accanto all’accampamento del reggente della Tavola. Che schiatterà senza colpo ferire, ovvio.
E già qui uno dovrebbe cambiare canale in ossequio al puerile oltraggio di regole basiche.
Ma in John non esistono norme applicabili universalmente. Due ore e quarantanove dove si passa da Osaka a Berlino a Parigi ma i nemici restano sempre i medesimi decerebrati di sempre, marionette da circo di periferia, con una mira ridicola e senso della posizione zero virgola, ma con un unico, inappellabile, comandamento: presentarsi sempre uno per volta (ecco l’unica eterna citazione a Old Boy, altro che le radio notturne che esaltano la caccia stile Guerrieri delle notte!), altrimenti anche il nostro eroe, stavolta alle prese con un nunchaku in maniera così goffa e impacciata che immagino possa far meglio anche la mia donna delle pulizie mentre rotea il folletto. Dopo New York, Osaka con i pupazzetti mascherati, dove appare anche Donnie “Ip man” Yen cieco ma solo quando gli pare, spara da dio, schiva tutto e “vede” pure la mano da poker, e quindi nella Berlino delle stereotipe immense discoteche dove una marea di lobomotizzati continua a ballare mentre le mannaie volteggiano attorno e il sangue scorre insieme a coreografiche fontane, fatto fuori il ciccia bomba di turno e riacquisiti i “documenti” torniamo al Marchese cattivone di turno che sembra un immobiliarista di Idealista, poi di corsa a Parigi con gli inseguimenti contromano all’Arc de Triomphe, i nemici fatti saltare come birilli da ignari e indifferenti automobilisti, mentre John si difende dai colpi alzando il bavero della giacchetta in kevlar anti proiettile, e si aggira tra i vari set anche il signor Noboy col suo cane digitalizzato (la saga del resto inizia con un cane che recita e finisce con un cane che..dirige) , tutto al servizio della perenne sopravvivenza di John che cade da un terzo piano, viene investito, sparato, pugnalato, impiccato ma non si fa mai nulla, rotola a ripetizione dalle scale che neanche Buster Keaton o Pozzetto e Boldi in Le Comiche avrebbero fatto meglio, fino ad arrivare all’alba del destino in cima al Sacré-Coer, per la telefonatissima scenetta finale.
Un cartone animato praticamente. Ma di quelli giapponesi, anime grezze e prima maniera, dove la qualità di trama e disegno non erano certo tra le priorità.
Ovviamente ci sarà un quinto, un sesto, un settimo capitolo.. tanto chi ha davvero visto morire John? E così la meraviglia del fedele spettatore avrà modo di manifestarsi con stupore ancor più prodigioso.
Se vogliamo scorgere minime tracce di qualità facciamo una fatica bestia, e anche quando affiora, tipo con le riprese dall’alto, o le sparatorie tra le vetrate in frantumi, fanno solo rimpiangere il mitico John McClaine, e il buon vecchio cinema d’azione.
Che malinconia ragazzi..
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