Regia di Chad Stahelski vedi scheda film
AL CINEMA
"-Coloro che si aggrappano alla morte, vivono..."
-e coloro che si aggrappano alla vita, muoiono...".
È tempo di morire....
Si potrebbe affermare dopo esser usciti da quasi tre ore di peripezie adrenaliniche che contraddistinguono il quarto episodio dedicato al torvo, efficientissimo ed indistruttibile sicario conosciuto come John Wick.
La trama quasi non esiste, o se esiste è solo un pretesto per poter consumare a centinaia tutte le pedine sacrificali che si immolano alla maggior gloria di un eroe che non cede e non vuole arrendersi.
Un killer che avanza, sopravvive a cadute vertiginose, schiva raffiche di proiettili senza soluzione, e abbatte marionette che cadono come foglie in autunno.
Nulla di nuovo in un film che pare un videoclip girato mirabilmente, impeccabilmente, ambientato in modo superbo in particolare nella lunga parte finale parigina con le sparatorie concentriche presso la rotatoria infinita sugli Champs Elysées in prossimità dell'Arco di Trionfo, o ancor più la sequenza infinita del saliscendi verso il "calvario" del Sacre Coeur.
Una sequenza infinita che se ne frega di risultare ripetitiva e che, proprio per questo, merita di restare negli annali. Gradasso, esagerato, improbabile, anzi impossibile, John Wick 4 è un film coatto che suscita ammirazione e trova la sua forza nell'incedere galoppante di un Keanu Reeves moderno samurai dallo splendido aplomb, ritrovato per l'occasione quasi sessantenne (pare impossibile) in una forma smagliante incredibile, ma anche realistica proprio in virtù dei colpi e le ferite ricevute, ancora poche tenuto conto dei micidiali colpi ricevuti.
Un attore non proprio gigantesco, ma di immenso appeal, al quale risulta impossibile non voler bene, al punto da essere tentati di arrivare ad amarlo incondizionatamente.
Nonostante tutte le smargiassate lunghe quasi tre ore di incessante ostinazione al massacro "facile" e seriale.
Chad Stahelski ha polso, forse sin troppo, e si prodiga ed impegna a prolungare l'adrenalina oltre ogni tempo massimo e oltre ogni rischio di parodia, come a filmare un balletto di violenze infinite.
E continua, qui più che mai, ad amare i cani.
Vedere per credere.
Lo stile c'è, la materia molto meno, ma il film corre via divertendo lo spettatore soprattutto nella inarrestabile ed infinita seconda parte.
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