Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Considerato quasi all'unanimità il miglior film degli anni 2000 diretto dal veterano Ermanno Olmi, "Il mestiere delle armi" é un'opera ardua e rigorosa, un film storico che riflette sull'invenzione delle armi da fuoco e il loro utilizzo nefasto fin dalla citazione iniziale di Tibullo. Olmi ripercorre in flashback, partendo dalla scena del funerale, la breve parabola esistenziale di Ludovico di Giovanni, conosciuto come Giovanni dalle Bande Nere, capitano dell'esercito pontificio che dovette scontrarsi contro i Lanzichenecchi guidati dal generale Frundsberg per conto dell'imperatore Carlo V. Il film è molto puntiglioso nella rievocazione storica, basata su un minuzioso lavoro di ricerca, però bisogna ammettere che dal punto di vista narrativo Olmi procede in maniera piuttosto sbrigativa, dando per scontato che lo spettatore conosca già i fatti e i personaggi, mentre soprattutto all'inizio avrebbe giovato una maggiore contestualizzazione per non perdersi nella fitta trama di eventi, rievocati in maniera ellittica, con brevi sequenze introdotte da qualche didascalia sui personaggi più importanti. La seconda parte é più agevole da questo punto di vista perché si concentra sul calvario di Giovanni de' medici ed evita il rischio di dispersione narrativa della prima mezz'ora: molto bella in particolare la scena in cui il protagonista agonizzante viene operato alla gamba in cancrena, con suggestivi dettagli onirici che non risultano affatto forzati. La fotografia di Fabio Olmi trae il massimo dai paesaggi bulgari che rievocano la pianura padana del 500, con battaglie ridotte a scorci di lance e masse in movimento per pochi secondi, scelta che rievoca il Bresson di "Lancillotto e Ginevra"; Olmi non cade certamente nell'estetismo fine a se stesso, concentrandosi spesso sui volti della povera gente, vero trait-d'union di tutta la sua opera. Fra gli attori, nessuno ha la possibilità di recitare in sequenze costruite appositamente per lo sfoggio di doti istrioniche, ma si apprezza ugualmente l'intensità dei primi piani del bulgaro Hristo Jivkov, che in seguito lavorerà spesso nel nostro paese, una Sandra Ceccarelli ben calata nel ruolo dell'amante Maria Salviati, per quanto la sua presenza sia ridotta a pochissimi momenti, e altri interpreti poco conosciuti utilizzati su un registro sobrio e volutamente spartano. Una parte della critica ha gridato al capolavoro, ma all'estero ci sono state anche molte perplessità dalla stampa europea e americana alla sua presentazione al festival di Cannes. Olmi realizza il sogno di un film storico diverso da tutti gli altri, ma richiede molto in termini di attenzione dallo spettatore, lasciando in parte inappagato il desiderio di coinvolgimento emotivo. 9 David di Donatello e buon risultato commerciale in Italia
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