Regia di Alexander Payne vedi scheda film
Può fare una buona impressione solo a quanti si stanno appena affacciando alla conoscenza del cinema. La sensazione di artificiosità è ben manifesta ad occhio attento che non si fa incantare dalle caratterizzazioni seduttive dei personaggi e dagli sviluppi sentimentali della trama. Già dalle prime scene si capisce dove il film vuole andare a parare, puntando i riflettori su un docente burbero e cinicamente severo, per reazione a condizioni precarie di vita e ad una sequela di ingiustizie subite; impiegato presso un istituto scolastico per viziati figli di papà, programmati da genitori indifferenti, alla scalata sociale. Col progredire del racconto, tra i personaggi di varia provenienza ed estrazione sociale, concepiti come figure simboliche, si sviluppano relazioni di mutua complicità affettiva in antitesi alle dinamiche divisive e spersonalizzanti della realtà esterna: una società che sacrifica i più giovani e specialmente quelli appartenenti alla classe subalterna per garantire la sopravvivenza di un sistema fondamentalmente classista e basato su un concetto materialista di benessere. Tutti d'accordo ma, mi chiedo se un film di questo genere, dalla drammaturgia standardizzata e tipicamente statunitense sia davvero un veicolo efficace per scuotere profondamente gli animi del pubblico. Io ne dubito fortemente dati i risultati, dopo più di un secolo di arte cinematografica. Stiamo ancora qui a chiedere ai nordamericani di limitare il commercio di armi tanto verso i paesi stranieri, quanto nel mercato interno, mentre il cinema delle majors non accenna a mettere in discussione il ricorso alla violenza come soluzione narrativa.
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