Regia di Alexander Payne vedi scheda film
L'occasione per una sorta di nuovo 'attimo fuggente' è persa a causa di uno script che non scava a sufficienza nelle psicologie, da un lato, e attende troppo per sciogliere i nodi della storia, dall'altro. Giamatti è molto bravo ma forse il ruolo di insegnante misantropo non gli si addiceva. Brilla Randolph seppur con un personaggio stereotipato
NEI CINEMA ITALIANI DAL 18 GENNAIO 2024
VISTO ALL’ADRIANO DI ROMA IL 3 FEBBRAIO 2024
Il dramma dei figli da collegio, sbolognati da famiglie disgregate o in fase di sgretolamento, da madri beffate dalla vita e sopraffatte dall’egoismo, da padri troppo ricchi e ormai vecchi per dare ancora retta ai loro irrequieti o imbronciati adolescenti. Ragazzi assetati di vita in un deserto di regole da rispettare, tutti raccolti, negli anni delle scuole superiori, in istituti il cui tradizionalismo retrogrado resiste con cipiglio sempre più tremolante all’arrembaggio dell’era moderna.
È in uno di questi scricchiolanti fortilizi dell’erudizione classica made in Usa, allo scoccare degli agitati anni Settanta del secolo scorso, che insegna il professor Paul Hunham, detto Occhio Sbilenco dai suoi alunni che lo temono ma, soprattutto, lo disdegnano perché ne inghiottono quotidianamente la petulante pretenziosità e il sarcasmo arcaico di un uomo rimasto per troppo tempo lontano dalla vita al di fuori di un collegio.
L’arrivo delle feste natalizie è una specie di giudizio universale per questi studenti reduci da mesi di semi reclusione: tornare per una quindicina di giorni nel mondo reale, magari a sciare in qualche località turistica da milionari oppure, per quanto in una risicatissima minoranza, restare imprigionati e trascorrere Natale e ultimo dell’anno ancora tra le spesse mura del vetusto maniero immerso nella neve del New England (le riprese sono state effettuate in Massachusetts, cfr Wikipedia). Gli sfortunati sono gli holdovers (da cui il titolo originale, la cui traduzione italiana è in parte fuorviante), i residui, gli scarti che nessuno ha voluto con sé nei giorni delle lucine lampeggianti e dei tacchini fumanti. Ma niente paura, ci sarà qualcuno a far loro compagnia: egli è il numero uno di tutti gli holdovers, colui che a chiunque può dar lezioni - più che di vita - su come fare a restare isolati dalla realtà: egli è il professor Occhio Sbilenco.
È un coraggioso ed esperto Paul Giamatti (per questa prova candidato all’Oscar come miglior protagonista) il mattatore di questo film del 2023 (sbarcato da poco in Italia) dello stesso sceneggiatore e regista, Alexander Paynes, che diresse l’attore mio coetaneo di New Haven nel perfetto e terapeutico Sideways - In viaggio con Jack (2004) vincendo l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale (la qual cosa si ripeté nel 2012 per lo script di Paradiso amaro). A differenza delle infinite opportunità che quella storia offrì al nostro paffuto interprete (bisnonni di Telese, Benevento) di dare sfogo alla sua recitazione intrisa di spontanea melanconia, qui il ruolo di insegnante misantropo a mio avviso ne limita le straordinarie capacità di risultare empatico e simile all’uomo medio che ogni maschio sa, nel profondo di se stesso, di essere. A tratti il personaggio immaginato dal soggetto di David Hemingson (al suo primo adattamento per un lungometraggio) – che oltre a un occhio finto ha anche una disfunzione ormonale che lo fa puzzare di sudore a dispetto di saponi e deodoranti – risulta troppo caricaturale ed eccessivamente lento nel comprendere che le regole del gioco in cui è costretto a cimentarsi sono cambiate e richiederebbero un adeguato spirito di adattamento.
Dall’handicap insito al personaggio principale, quindi, deriva il neo di questo comunque godibile The Holdovers, vale a dire la capacità di sbocciare nel momento giusto e di trascinare in una nuova direzione lo spettatore che abbastanza in fretta si è fatto un’idea piuttosto solida delle sfaccettature che rendono il professor Hunham una macchietta ed è quindi voglioso di scoprire in che modo anche Occhio Sbilenco sia, nonostante tutto, umano e il perché si sia sepolto vivo nel collegio in cui era stato lui stesso studente, prima di essere in seguito espulso ingiustamente da Harvard.
L’occasione per essere un degno parente del magnifico L’attimo fuggente (Peter Weir, 1989) è quindi persa, da una vicenda filmica che aveva ottime carte per far vincere i poeti estinti ma ancora vivi nell’animo di uomini e donne sepolti prima del tempo. Perché l’indagine psicologica si ferma troppo in superficie, perché la sceneggiatura si innamora più dei difetti che delle qualità del suo protagonista e troppo tempo scorre prima che chi guarda si innamori del film, invece che restare con la sgradevole sensazione di una grande occasione mancata.
Oltre a Giamatti, nel cast – per lo più composto da attori a me sconosciuti - ha modo di mettersi in evidenza, in particolare, la cantante e doppiatrice Da’Vine Joy Randolph (nel 2023 anche nella commedia A Little White Lie) - assai più nota fra gli assidui della tv generalista che tra i fedeli del grande schermo – la quale, per questo ruolo della rotonda cuoca del collegio in lutto per la morte del figlio militare in Vietnam, quest’anno ha già incassato il Golden Globe ed è pure in lizza per la statuetta dell’Academy Award. L’attrice di Filadelfia spicca per la sua verve e per un delizioso sorriso, seppure nello stereotipato ruolo che da decenni ripropone, per un certo tipo d’interprete afroamericana, quello erede della mitica Mami di Via col vento (1939). A tratti convincente anche l’appena ventiduenne del New Jersey, Dominic Sessa, esordiente in un personaggio non certo facile ma che ha avuto la fortuna di ‘appoggiarsi’ per gran parte del film a un maestro del calibro di Paul Giamatti.
Sempre in bilico tra la levità della commedia e il turbamento del dramma, senza riuscire a trovare con sicurezza la propria strada, The Holdovers – Lezioni di vita merita comunque di essere consigliato a tutti, in particolare agli amanti dei film che parlano di scuola e dell’incontro tra gli uomini che la vita la guardano ancora dal bordo del pozzo senza riuscire a scorgere se non qualche incerto riflesso e quelli che, al contrario, nel fondo del pozzo tentano di restare a galla ancora per un po’. Ma le lezioni di vita del professor Keating e della Dead Poets Society erano tutta un’altra faccenda.
Rivedibilità 7/10; voto 6,8.
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