Regia di David Fincher vedi scheda film
Penalizzato da alcune scelte "tecniche" , Fincher trova comunque la misura di un thriller atipico e accattivante
Un killer senza nome ( Fassbender) viene tradito dal proprio mandante. Scatenerà un inferno.
Considero Fincher un autore straordinario ( del resto "Se7en" è il thriller del millennio per me), capace di picchi registici di assoluto valore; non c'è maniera nei suoi film, anzi spesso l'opposto, regia e sceneggiatura classiche nell'ossatura, ma allo stesso tempo capaci di meravigliare grazie soprattutto a movimenti di camera che ricordano De Palma.
The killer rischia tantissimo per due ragioni: 1) l'attore protagonista, spesso sinonimo di fregatura , ha perso per strada il suo talento, sciupandolo in una recitazione compiaciuta e glamour 2) la scelta della narrazione in "voice over", attraverso la quale ascoltiamo il racconto direttamente dal punto di vista del protagonista. Supponente, svogliata, non necessaria, e servita pure male dal doppiatore Prando ( uno dei migliori, qui fuori registro, ma probabilmente la cosa è voluta).
Se però resistete alla prima mezz'ora, il film poi decolla, con un po' di azione ( una bella scena di lotta), ed un indagine a ritroso. E poi un momento geniale, quasi mistico, quello in cui entra in camera Tilda Swinton, in un ruolo minimale ma che lascia il segno.
Cosa vuole raccontare "the killer"?
Non la solita storia di vendetta ( si capisce nell'epilogo) , ma che l'ordinarietà del male si nasconde dietro la gelida e metodica efficenza di un assassino solitario, che ha la propria morale e che teme terribilmente una sola cosa: empatizzare con le vittime, ciò che rende esseri umani, e che nel film viene respinta a più riprese.
È così che gli uomini, dietro una facciata di normalità , con indosso jeans e camicetta hawaiana, diventano dei mostri.
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