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Io capitano

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Io capitano

di kubritch
8 stelle

Un "on the road" di sola andata verso il paese dei balocchi.

Il protagonista è un sedicenne del Senegal, che in fin dei conti, vive in una condizione sociale abbastanza pacifica, nonostante sia orfano di padre, ma circondato dal caloroso affetto di madre e sorelle, e non avrebbe nemmeno intenzione di partire se non fosse per le insistenze del cugino. A niente valgono le reazioni furibonde del genitore e di un concittadino di fronte alla confidenza di voler intraprendere il viaggio della speranza. "L'Europa non è come te la immagini e il percorso è irto di insidie." Alla fine vince la prospettiva di raggiungere Lamerica dove sogna di poter esprimere il suo talento canoro. Da qui si dipana la storia di un'odissea che è a dir poco straziante e ben rappresentata. 

Il cliché di partenza è che queste persone siano invogliate a emigrare in seguito alla visione delle immagini che giungono dal continente. Immagini che mostrano una realtà spensierata e ricca di opportunità. Non sanno che è una botola in cui noi stessi cittadini di un benessere più percepito che effettivo, cadiamo. La propaganda occidentale alimenta l'illusione di poter afferrare con una mano l'oggetto dei desideri, con un po' di grinta e buona volontà (oggi, i signori al potere la chiamano "resilienza") ma la cosa non è affatto garantita, e il fallimento non è affatto perdonato. "Sei stato eliminato dalla casa del Grande Fratello." Garrone ha scelto la strada di non insistere sul dramma e per questo ha affidato la parte del protagonista ad un adolescente gioioso e in piena salute senza particolari problemi esistenziali. L'attore si chiama Seydou Sarr e mi piacerebbe vederlo ancora. 

Il film è una meraviglia per gli occhi sotto tutti i punti di vista e l'attore la impreziosisce con una presenza scenica che arriva dritto al cuore. Devi avere un cuore di pietra per non farti prendere dai suoi drammi. Se solo ripenso a quegli occhi gonfi di lacrime durante la prigionia, o alla sua disperazione mentre cerca di soccorrere una donna agonizzante, riesco difficilmente a trattenere la commozione. 

La storia mi ha riportato alla mente la fiaba di Pinocchio che fugge assieme a Lucignolo. Le bugie, l'abbandono della scuola, i vari gatto e la volpe in cui si imbatte. Per strada incontrerà anche un uomo, che se ne prenderà cura come una sorta di padre adottivo e gli insegnerà l'artigianato della muratura. Non mancheranno nemmeno incontri con esseri fatati. Proprio come Pinocchio, il ragazzo nell'ultima parte della sua avventura si troverà ad affrontare il Mediterraneo nel ventre di una balena metallica che sarà costretto a dirigere verso la salvezza. 

Quello che mi lascia perplesso è l'intento dell'operazione. Per dirla in modo diretto: il film è inteso a scoraggiare quanti volessero mettersi in marcia senza avere ragioni irreversibili, considerando i rischi enormi, o, si propone semplicemente di indurre un senso di compassione in noi spettatori di questa parte del mondo, verso chi ce l'ha fatta? Garrone si ferma anche visivamente sulla soglia delle polemiche riguardanti i flussi migratori in Italia, senza denunciare un certo, a volte malsano, sentimento patriottico. 

C'è un'altra lettura, però, che si può ricavare ed è attinente all'avventura in forma di narrativa per ragazzi. La semplicità dell'esposizione, la nitidezza delle immagini che appaionno quasi disegnate con tinte pastello e il taglio fumettistico, compongono un quadro che è rivolto proprio al pubblico più giovane. La morale della fiaba è di non cedere di fronte alle avversità; di non tornare indietro, ma di seguire il cuore, il flusso ignoto, ma autentico, delle cose, fino allo stremo delle forze. Sì, è un buon film da consigliare, struggente quanto basta, ma mai pesante come si potrebbe essere indotti a pensare venendo a conoscenza del tema trattato.  

 

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