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Io capitano

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Io capitano

di LAMPUR
5 stelle

locandina

Io capitano (2023): locandina

Non voglio apparire sempre negativo, ma fin troppo fiabesco questo Garrone.
Purtroppo penso a quelli che non partono da una colorata e allegra Dakar così per sport, a quelli che non vedono la riva dei sogni ma solo il fondo del Mediterraneo o per certi versi, ancora peggiori, quelli che beffati dal destino, vengono rimpatriati e nei lager libici ci resteranno, senza nessuna telecamera, nessuna seconda occasione.  

Certo splendida la fotografia, specie sugli sfumati titoli di coda, esaltata dai fermo immagine, la musica coinvolgente, azzeccato anche lasciar fluire la lingua originale, intrecciata tra il wolof senegalese e il francese per far raccapezzare i protagonisti col mondo attorno, ma fin troppo appiattita e, paradossalmente, positiva storia e visione, come il battello che fila veloce su un mare ideale, le fontane coi giochi d’acqua stile Versailles, i lavoratori edili col berretto antinfortunistica, i mafiosi libici figurine estratte direttamente da Gomorra..

Si è puntato anche troppo sull'immagine di Seydou, da ragazzo sognante a sempre più eroe necessario che vuole salvare la donna ormai esausta nel deserto, andare in galera col cugino, sopravvivere alle torture, capitanare lo scafo, tirare fuori i moribondi dalla sala macchine, sedare gli animi esasperati a bordo invocando Allah, ad un certo punto mi aspettavo che facesse partorire lui, la donna in barca, ma Garrone non ha voluto esagerare..

Ma se alla fine Seydou non fosse arrivato.
Se proprio ad un minuto dal The End, fermo restando tutto il resto, il barcone fosse affondato tra i flutti, con tutti i sogni, le partorienti, i bimbi, le donne, storie e tormenti di ognuno di loro, e il mare si fosse richiuso placido, senza un elicottero, un telefono per urlare soccorso, una ONG all’orizzonte, nulla.

Avremmo avuto una storia probabilmente più reale.
Di quelle che non si narrano mai.

Una storia da farti uscire dal cinema col sorriso mozzato, e lo stomaco sottosopra.
Senza bisogno di sangue a litri e scene truci.
Una storia da far vedere davvero nelle scuole.

Perché per ogni Fofana  scafista costretto, che si salva, si sposa e lavora in Europa (la storia vera da cui Garrone trae quella di Seydou), ce ne sono altri nove che non sopravvivono per scorgere questo mondo di lucine, ribalte, passerelle e premi cinematografici.

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Ultimi commenti

  1. obyone
    di obyone

    Diciamo che si poteva cercare l'equilibrio nel mezzo di un eccessivo pessimismo e di un ottimismo da fiaba. Magari questo si. Il film credo abbia, tuttavia, la sua utilità.

  2. ezio
    di ezio

    ho compreso benissimo la recensione e rimarra' pure a me il pio desiderio ci vedere un finale drammatico e senza concessioni a qualsiasi ottimismo......che poi e' quello che succede nella relata' di quelle situazioni....bah,bisognerebbe chiedere a Garrone,poi si sa come vanno queste cose....

    1. ezio
      di ezio

      .....ti potra' dire ha preso da una storia reale e non poteva variare il finale.....e mille altre cose...

  3. maurri 63
    di maurri 63

    Ciao, Franco. I numeri, per me che mi sono occupato di questo per sette anni ( è stato praticamente il mio terzo lavoro) non sono quelli che citi tu. Purtroppo, nel Mediterraneo, in circa un decennio sono morti quasi novemila persone - puoi trovare i numeri su siti diversi - mentre quelli sbarcati superano il milione. Dunque, e meno male, per uno che non ce la fa, esistono circa 120 Fofana che, al contrario, ce la fanno. Il film di Garrone non è stato capito molto, in particolare da critici che gli hanno rimproverato la componente fiabesca, dimenticando che quella componente è parte del popolo africano, necessaria alla sopravvivenza in condizioni così estreme. Potremmo discuterne per ore, sarebbe forse inutile. Ma, se ti occorre, ho tutte le testimonianze. Quanto a Dakar, non è la sola ad essere colorata: mia cugina ha fondato una scuola in Burkina e la realtà quella è, così come i colori, anche lì. Nonostante un'assidua campagna contro le migrazioni, i giovani non si riescono a convincere di non partire, proprio come accade nel film. Quanto agli sbarchi, io sono andato a prenderne - su chiara autorizzazione del ministero e concorde con la prefettura - diversi, giovani e donne, msna - minori stranieri non accompagnati - e quest'anno ne ho 14 a scuola di italiano (è aggregata all'università). Il mio incontro con Garrone mi ha confermato quanto sia stata minuziosa la sua ricerca e non solo non avrei nulla da aggiungere sul piano formale - il film è un capolavoro, senza se e senza ma - quanto sul piano sostanziale. Per apprezzarlo, bisogna abbandonarsi, lasciare andare le proprie - errate - convinzioni a partecipare alla vicenda. A chi sostiene - me l'hanno scritto - che un'Odissea è un'altra cosa (perché manca il ritorno a casa) mi vien da ribadire che "casa è ciò ove uno sta", perché se perdi tutto, la casa è quella dove approdi. ma sarebbe troppo. Chi vuol capire...Ad ezio: finale perfetto. E se non si è presa la citazione di "Les quatre cents coups", beh, alzo le mani. (ps "Poor things" finisce sul volto, quasi immobile in una smorfia di Bella; "Perfect days" sul volto, che sembra sorridere di Hirayama; indovina dove finisce la storia dei tombaroli di Alice Rohrwacher?...e potrei continuare. Il finale di quest'anno è una cifra stilistica adottata da quasi tutti i cineasti importanti per esprimere la necessità di "esserci, non solo partecipare"). Un abbraccio.

  4. LAMPUR
    di LAMPUR

    Maurri fai qualcosa di meraviglioso, e spero tanto che i dati siano quelli che confermi, ma resto convinto che il messaggio del film non voglia colpire, ma quasi giustificare, indorare una pillola, addirittura deresponsabilizzare, pulire le coscienze, tranquillizzare. Ho visto Unwanted, ostaggi del mare, su Sky, e al netto dell'ovvio dover romanzare, la storia di quegli immigrati e le loro sofferenze mi hanno portato a vivere con loro assai più di quanto non sia riuscito Garrone. Grazie comunque.

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