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Io capitano

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Io capitano

di maghella
9 stelle

In un villaggio del Senegal, i due cugini Sedydou e Moussa, vivono con le famiglie nel loro villaggio. Poveri, poverissimi, stanno lavorando di nascosto da 6 mesi per mettere da parte i soldi necessari per poter affrontare il viaggio che li condurrà in Europa. 

Il loro sogno è quello di 2 giovani sedicenni: fare fortuna e diventare dei cantanti di successo. Nonostante il categorico rifiuto della madre di Sedydou alla partenza e ai racconti raccapriccianti dei testimoni che hanno affrontato il viaggio, i due cugini decidono di partire, non prima però di avere avuto il benestare da una sorta di sciamano, che li benedice dopo avere avuto il messaggio favorevole da parte degli antenati defunti.

scena

Io capitano (2023): scena

Comincia così il viaggio, inizialmente euforico, poi sempre più impegnativo fino a diventare una vera discesa agli inferi.

Inutile dire che i risparmi faticosamente raccolti dai ragazzi, vengono velocemente consumati nelle prime tappe per i documenti falsi e i primi trafficanti di uomini, che li avvicinano con false informazioni sulla facilità di attraversare il deserto e il mare fino ad arrivare in Italia.

Solo una prima parte del deserto viene attraversata su velocissimi furgoni, la carovana di persone (bambini, donne e uomini di ogni età e di provenienze differenti), viene ben presto lasciata nel cuore del deserto per proseguire il cammino a piedi, con a capo della fila una guida esperta che a passo deciso li conduce verso un amaro destino.

Non tardano ad arrivare infatti i predoni libici che derubano di tutti i miseri averi i reduci di un cammino che ha già provocato diversi morti.

I 2 cugini vengono separati: Moussa viene portato in carcere, Sedydou viene condotto in un campo di concentramento libico dove assieme ai suoi compagni subisce torture di ogni tipo.

Quando finalmente, grazie all’incontro di un compagno di sventura, riesce a trovare la libertà, Sedydou cerca a Tripoli il cugino, senza il quale non intende continuare il viaggio.

Quando la sorte li farà nuovamente incontrare, Sedydou dovrà accettare di diventare il capitano di una barca carica di profughi per poter pagare il viaggio in Italia per sé e Moussa gravemente ferito ad una gamba.

Il viaggio (e il film) finisce quando la barca dei disperati arriva sulle coste italiane. Da quel punto in poi, chi vede il film sa benissimo che il viaggio dei due cugini e di tutte le persone sulla barca, non è finito come loro credono, ma che continuerà ancora.

scena

Io capitano (2023): scena

Questa è la sintetica sinossi di un film che già così sarebbe stato lodevole per la sua volontà di documentare una vicenda che da anni è diventata di attualità per lo spettatore. Siamo infatti abituati a vedere tra le notizie dei tg le migliaia di persone che arrivano sulle nostre coste, a vivere le vicende sempre come emergenza per le accoglienze dei profughi.

Il film non si accontenta di far vedere il viaggio che precede l’arrivo che tanto bene conosciamo, vuole approfondire l’aspetto epico che un certo tipo di viaggio racchiude.

Sedydou e Moussa vivono la loro povertà in maniera dignitosa, non sono in guerra, amano e sono molto amati dalle loro famiglie, che non vogliono assolutamente che partano. I 2 ragazzi sognano semplicemente una vita migliore che sanno che rimanendo nelle loro case non potranno mai avere. Sognano di diventare famosi, scrivono canzoni, vogliono poter aiutare le loro famiglie a stare meglio. Sono pronti ad affrontare i pericoli del lungo viaggio pur di raggiungere i loro obiettivi. Naturalmente non hanno nessun tipo di idea di cosa li possa attendere, l’idea di morire è lontana e inconcepibile, e se all’inizio è lo stare insieme a dargli la forza di affrontare le prime avversità, quando vengono divisi sarà la loro coscienza spirituale a permettergli di superare le atrocità che devono subire.

Matteo Garrone in questo fa sicuramente la differenza. Sono una sua fan della prima ora; so come il regista sappia adoperare al meglio un certo tipo di linguaggio fantastico, se non addirittura horror, nella sua narrazione cinematografica. E’ fondamentale infatti comprendere i 2 viaggi paralleli che il film racconta. Il primo è sicuramente quello della prima sinossi che ho tracciato, il secondo è quello di formazione che rende il protagonista Sedydou da giovane ragazzo sognatore a capitano della sua vita da adulto. 

Il film, dopo una prima parte in cui ci viene mostrata la vita semplice dei 2 protagonisti, ci mette in quella condizione empatica tale da poter passare allo step successivo che permette allo spettatore di connettersi con l’aspetto più spirituale e culturalmente intimo dei ragazzi. Quando Sedydou e Moussa chiedo il permesso ai loro morti di poter partire, aprono una porta tra il regno dei vivi e quello dei trapassati, che consentirà soprattutto a Sedydou di poter affrontare i momenti più tragici e difficili, e diventare così più coraggioso e forte.

Ci sono nel film almeno 2 passaggi fondamentali in cui Sedydou viene catapultato in una sorta di limbo, in una terra di mezzo in cui è possibile viaggiare su altri livelli, Garrone è maestro nell’utilizzare il linguaggio fantastico, in maniera tale da non renderlo invasivo ai fini del racconto, ma mantenendolo sempre su un binario parallelo a quello della storia principale.

scena

Io capitano (2023): scena

Il film non sarebbe il gioiello che è se non fosse naturalmente per i protagonisti principali e di contorno presenti. Per trovare il cast giusto, il regista romano ha fatto numerosi provini, fino a trovare i volti e i cuori giusti per affrontare un film impegnativo su moltissimi livelli.

Sedydou Sarr e Moustapha Marr sono Sedydou e Moussa, forse lo sono realmente nel loro intimo, nonostante siano due ragazzi senegalesi che non hanno mai lasciato il loro paese e che non avevano nessuna intenzione di farlo. I 2 ragazzi hanno saputo incarnare al meglio i loro personaggi, nonostante non siano dei veri attori, nonostante le difficoltà dovute alla lingua, raggiungendo picchi di intensità interpretativa degni dei migliori attori blasonati.

Già con il bellissimo finale di “Dogman” Garrone aveva saputo ritrarre nel protagonista il suo stato d'animo senza fargli pronunciare nessuna parola; in “Io capitano”, il ritratto finale di Sedydou è accompagnato dal grido di liberazione che è allo stesso tempo la nuova identificazione del protagonista e che non poteva essere altrimenti che il titolo di questo bellissimo (bellissimo) film: IO CAPITANO. 

locandina

Io capitano (2023): locandina

 

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